new upload della Musica di Cesàri e di un mio testo
del luglio 2008
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Qualche giorno fa ho
ricevuto un pacco con alcuni dischi acquistati in rete. Mi capita spesso, avrete
capito che la mia passione si nutre dell’accumulo fisico di nuove registrazioni,
ma non sempre mi capita di sorprendermi così.
Mi spiego:
Due settimane prima avevo
incontrato un signore che vendeva una serie di LP, quasi tutti di Jazz
tradizionale, roba tipo Lino Patruno & la Milan College Jazz
Society, con diversi ospiti stranieri come Bud Freeman, Eddie Miller, Jimmy Mc
Partland. Insomma sano swing, gustoso
revival, jazz liscio.
Tra i vari vinile della stessa etichetta, il venditore ne aveva messo in vendita uno di Umberto Cesàri, intitolato semplicemente “Reminiscenze 1975” nessun’altra informazione in merito.
Tra i vari vinile della stessa etichetta, il venditore ne aveva messo in vendita uno di Umberto Cesàri, intitolato semplicemente “Reminiscenze 1975” nessun’altra informazione in merito.
È ovvio che per uno che ha
raccolto almeno tremila vinile nella sua vita, di cui una buona parte di jazz
italiano, il nome di Umberto Cesàri non suona del tutto nuovo, ma è legato
comunque a poche facciate di 78giri, a rare partecipazioni, a registrazioni
mitologiche, oramai.
Ma un disco a suo nome,
quando mai, non lo avevo mai sentito.
Contatto il tipo
dell’inserzione, che mi conferma il titolo e mi dice che non ha altre
informazioni, perché il disco è sigillato. Mi scrive però i nomi delle canzoni
registrate, grandi standard come “Laura”, “How Hig the Moon”, “Body and Soul”,
“I’ll Remember April” e via dicendo.
Effettuo subito il
pagamento, modesto in realtà, ed attendo immaginandomi il suono di questo disco
leggendario. Intanto leggo quel poco che
trovo sulla musica di Cesàri, cosi facendo mi avvicino con grande rispetto
anche alla figura umana di Umberto.
La prima cosa che trovo è il
ritratto, misterioso e mitologico, che ne fa Enrico Cogno su uno dei libri più
interessanti scritti nel nostro paese su questa amata musica, Jazz Inchiesta:
Italia [1]
«Umberto Cesàri è entrato nella leggenda. Pianista geniale, pilota di jets, medium, corridore automobilista, adoratore di Art Tatum, ora vive (uomo triste o felice?) dietro i vetri di una finestra, a guardare il mondo del quale non vuole fare più parte.
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Nel 1950, trentenne,
sbalordì l'Italia con la sua tecnica incredibile e venne considerato il miglior
pianista italiano. Suonò a lungo alla radio,
incise con Pes (el. g) e Loffredo (bass) in trio, e con il quartetto di Aurelio Ciarallo (cl).
Adesso di Cesàri si parla come si usa fare per le figure mitiche, con affetto, con rimpianto, ammirazione. In un'epoca votata alla divulgazione, al consumo, allo scambio informativo, un pianista che non divulga, non consuma, non scambia informazioni e vive in una stanza guardando il mondo da dietro i vetri ha, in effetti, qualcosa di irreale e magico. E', anche se vivo, già uomo-leggenda.
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Chiedere ad un giovane musicista
se conosce il nome di Cesàri sarebbe tempo perso. Non saprebbe chi è. E' fuori
del mondo.
Chiedere a Cesàri se conosce
il mondo è tempo perso. E' fuori della finestra»
Ma chi è quest’uomo che ama il
progresso e la velocità e, allo stesso tempo, resta immobile nel suo
isolamento? Che musica nasce da quelle
mani geniali, che percorrono rapide quel metro e venti di tastiera per
chilometri e chilometri, stando ferme in una stanza?
Nell’incisione con il Trio
di Roma, l’ultima traccia di questa selezione, di bassa qualità ma di inaudita
novità per l’epoca, è il trattamento che Cesàri riserva al noto tema di Porter
che lascia sbalorditi ancora oggi.
Pensate la reazione
all’ascolto originale, negli anni ’50. Infatti, quando Arrigo Polillo ascoltò il trio al
Cinema Splendore di Roma fu molto colpito da questa versione
"originalissima" e "quanto mai progressiva" di Begin The
Beguine, al punto da far incidere immediatamente il Trio, inserendolo nella
preziosa raccolta di quattro 78 giri, uno dei primi "monumenti" al jazz italiano, uscita per la
Parlophone con il nome di Jazz Classics, con copertina di Max Huber, uno dei più talentuosi graphic designer attivo in Italia.
Ascoltando le altre
registrazioni di Cesàri, ad esempio la prima e la seconda traccia di questa selezione,
registrata con il Marcello Riccio (cl) 5et a Roma nel 1959, dove suona con uno swing
inesorabile, che non si ripete mai uguale a se stesso e la terza, con la Romans New Orleans Jazz
Band (1957/1960), sono la velocità e la spericolatezza che rendono unico il
suono del suo pianoforte, supportati da una mostruosa tecnica, una smisurata
fantasia, un tocco geniale e sopraffino, che avrebbe dovuto lanciarlo
nell’olimpo dei miti come il suo amato Art Tatum.
Nel 1960 Ettore Zeppegno propone a Cesàri di registrare per la prestigiosa RCA un intero album di canzoni leggere italiane in chiave jazz, trent'anni prima che scoppiasse la moda, da cui è provengono la quarta e la quinta traccia. Il pianista accetta volentieri, non avendo mai avuto tanto spazio a disposizione, ma il suo perfezionismo sarà sempre insoddisfatto e Cesàri, improvvisamente cambia direzione, nel senso che non autorizzerà mai la pubblicazione di quelle tracce.
Nel 1960 Ettore Zeppegno propone a Cesàri di registrare per la prestigiosa RCA un intero album di canzoni leggere italiane in chiave jazz, trent'anni prima che scoppiasse la moda, da cui è provengono la quarta e la quinta traccia. Il pianista accetta volentieri, non avendo mai avuto tanto spazio a disposizione, ma il suo perfezionismo sarà sempre insoddisfatto e Cesàri, improvvisamente cambia direzione, nel senso che non autorizzerà mai la pubblicazione di quelle tracce.
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Questi straordinari elementi
musicali, unitamente al rifiuto totale della formazione accademica, rendono
ancora più mitologico questo personaggio.
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«…lo entusiasmava la rivincita del sapere popolare sul sapere scientifico. Per quattro anni, narrava, aveva frequentato il Conservatorio di S. Cecilia senza saper leggere la musica: suonava tutto a orecchio. Poi il maestro scoprì il bluff e lo cacciò via, ma gli disse: sei un fenomeno. Non aver avuto la benedizione della Cultura Ufficiale gli era fonte di irrisolte tensioni interiori. Da un lato si vantava di essere una smentita vivente ai dogmi accademici, proprio come il guaritore che sconfigge il medico. Dall'altro, la mancanza di studi regolari lo rendeva insicuro. Per lui, alle sue opere mancava sempre una virgola per essere perfette, e per questo le nascondeva» [2]
Le cronache raccontano che
Umberto Cesàri si rifiuta di suonare in pubblico, si nasconde in casa e,
addirittura, scompare.
Studi più approfonditi
riconducono il suo comportamento “anomalo” ad un trauma bellico, cioè il suo arresto
da parte dei nazisti che finì con una fucilazione simulata, che lasciò sicuramente il segno
sull’esposizione del suo corpo musicale di fronte ad un pubblico di
sconosciuti. Altri interpretano questo gesto, come una difesa della purezza
della sua Arte contro la commercializzazione della stessa.
«Dagli anni '50 in poi, insieme alla
naturale, insopprimibile spinta evolutiva di tutto lo scibile umano, si
verificò quel fenomeno d'involuzione pratica che tutti gli artisti ed
intellettuali più puri (o meno impuri) deprecano e dal quale ben pochi si
salvano...Con l'arte pura, infatti, non si sarebbe facilmente conseguito il
guadagno e il successo.
Ed è proprio da qui che ha
origine la prima seria ribellione e la frustrazione del nostro personaggio. Il
quale non avrebbe mai rinunciato alla sua purezza e nobiltà artistica per
bramosia di facili guadagni e successi. Egli - pur apprezzando e classificando
realisticamente ogni tendenza, scuola, stilema - ha sempre sostenuto e
dimostrato che la vera musica è e deve essere la sintesi più perfetta delle più
nobili espressioni e proposizioni, al pari di tutte le arti e della scienza. Ed
ovviamente ha sempre badato con seria attenzione al jazz come fonte genuina
d'ispirazione e di progresso, se non altro come stimolo al sempre maggiore
arricchimento del tessuto melodico.» [3]
Il suo esilio volontario, però, non lo allontanò dall’arte, tutt’altro.
Cesàri continuò a suonare e
registrare ininterrottamente, a dipingere, a scrivere saggi e poesie. I pochi che lo hanno
frequentato nel periodo del ritiro, ci restituiscono un’immagine più
sfaccettata e profonda del musicista geniale e solitario e, proprio per questo,
ancora più affascinante.
«In realtà, definire Cesàri "musicista" è perfino riduttivo. Si interessava di mille cose. Nella sua stanza gli oggetti più disparati si accavallavano come le idee musicali nei suoi assoli. Dipingeva, in uno stile figurativo moderno e aspro. Scriveva, anche, e amava dialogare.
«In realtà, definire Cesàri "musicista" è perfino riduttivo. Si interessava di mille cose. Nella sua stanza gli oggetti più disparati si accavallavano come le idee musicali nei suoi assoli. Dipingeva, in uno stile figurativo moderno e aspro. Scriveva, anche, e amava dialogare.
Era un parlatore
straordinario. Suoi temi prediletti erano le moto, gli aerei, il paracadutismo
di cui amava descrivere le ebbrezze. Narrava storie bizzarre, in cui vi era
sempre un colpo di scena. Mostrava profonda conoscenza di ogni argomento, e
così si conquistava la fiducia dell'interlocutore. Poi, pian piano, le sue
storie diventavano sempre più strane, fino a sfumare impercettibilmente
nell'irreale. Si usciva da casa sua percorsi da una sottile inquietudine. E
veniva spontaneo ripercorrere mentalmente quelle storie, cercando di separarvi
realtà e fantasia. Niente: la cucitura non si trovava. Era geniale in tutto. E
in tutto esprimeva la sua fantasia grandiosa, monumentale e bizzarra, barocca e
tortuosa, amante di tutto ciò che è massiccio, denso, affollato, convulso,
traboccante, inaspettato e spettacolare. Se avesse scritto romanzi, avrebbe
rivaleggiato con Borges e Garcìa Marquez. E chissà non ne abbia scritti. I suoi
cassetti potrebbero celare sorprese.» [4]
Anche Enrico Cogno, tra i primi ad interessarsi a questa particolare figura del jazz italiano, con il quale ho aperto questo scritto, aggiunge nuove considerazioni e descrive altre sfumature del leggendario Umberto Cesàri, ricollocando così il mito, semplicemente, al ritratto di un uomo straordinario.
«La stanza nella quale Cesàri mi ospita è
eccitante. Voglio dire che è una stanza nella quale si potrebbe girare un film,
una stanza che "fa colore". E' completamente tappezzata di cartoni,
scatole di "ondulato" appiattite al muro, collages di auto da corsa,
foto di motociclette in curva a 250 all'ora. Soprattutto cartoni (quelli usati
per l'imballo delle uova) applicati in funzione di pannelli fonoassorbenti. Ci
sediamo accanto al pianoforte, un mezza-coda antico che riempie l'ambiente.
Cerco di sovrapporre l’immagine di questo Umberto Cesàri che mi siede di fronte
(un corpo tarchiato, un volto aperto e simpatico) con quella creata sulle
descrizioni raccolte a suo tempo. La sovrapposizione non riesce.
Cesàri, visto così, non ha nulla di mitico, di leggendario. E' un uomo con le sue idee (giuste? accettabili? obiettive? Non lo so. Le sue idee) che sembra perfettamente inserito nel mondo. L'immagine di lui dietro i vetri è suggestiva ma letteraria, finta e anche un po' retorica. E mi dispiace di averla data, poichè non è quella vera, ma al tempo stesso mi piace averla riportata così come l'ho raccolta in giro, perchè è quella che ho raccolto in giro.
.
Umberto Cesari parla molto,
tanto, di tutto e di tutti. Del jazz, del suo jazz, ha una visione (lo dico con
profondo affetto) che mi ricorda una frase del grande Vasarely: "un
pizzico di megalomania è la spinta indispensabile in ogni fatto creativo".
Se non avessi sentito, poco
più tardi, un suo duetto con Oscar Peterson (quest'ultimo con Ray Brown e Ed
Thigpen nei brani della Canadian Suite a tutto volume sul giradischi, Cesari al
centro della stanza a sbalordirmi, con le mani fredde senza atmosfera, nelle
armonizzazioni più complesse e difficili che abbia ascoltato da un pianista
europeo) avrei potuto dire che Cesari è soltanto un personaggio originale e
basta. Ma quel modo di trattare il
piano e la mostruosa tecnica usata ne fanno un personaggio tout-court,
assolutamente unico nel mondo del jazz italiano.» [5]
Ed è in quella stanza che Umberto suona senza sosta, è su quel palcoscenico nascosto che alimenta la sua passione, è li che sfida la sua stessa tecnica più e più volte, registrandosi sempre per poi ascoltarsi ancora, appassionato pubblico di se stesso.
Ed è da quei nastri che è
nato “Reminiscenze 1975”
il disco che mi è capitato tra le mani, registrazioni in piano solo precedenti
al 1975, pubblicate per volontà di Cesàri stesso nel 1982. [6]
Per reminiscènza la lingua
italiana intende il ricordarsi in modo vago e impreciso di una cosa quasi
dimenticata.
Ed avrebbe senso, riguardo una musica che, così si crede, rappresenti una passione giovanile, un ricordo di vent’anni fa, l’immagine sbiadita di un’emozione passata.
.
Ma Cesàri è un genio, non ha
mai smesso di suonare ed ama la discussione filosofica quanto i colpi di scena
improvvisi e bizzarri. E allora la reminiscènza si distingue dalla memoria,
così è anche nella terminologia platonica, indicando un momento della
conoscenza delle idee che, presenti nella memoria, vengono come risvegliate e
ritrovate, attraverso un processo di purificazione, dalla sensibilità.
Il titolo descrive meglio di
mille parole il perché l’autore abbia accettato la pubblicazione tardiva di
quelle sue musiche. Lui che si era rifiutato a contratti milionari, che aveva
detto no agli uomini della RAI, lui che non si sentiva mai “adeguato” ad una
registrazione pubblica, ora licenzia un disco privato, offre ad un pubblico che
oggi non lo conosce un ritratto intimo della sua amata musica, coerente come
lui, purificata dalle tentazioni del music business e, infinitamente geniale.
.
Questo tesoro di musica mi è
arrivato l’altro giorno, dentro un anonimo pacco piatto di cartone ondulato.
.
Questa grande lezione di
vita mi ha consegnato il postino inconsapevole. Una reminiscènza splendente,
nascosta tra i solchi conosciuti e oscuri di un vinile di più di venticinque
anni fa.
.
Chissà cosa penserebbe Umberto di
questa storia bizzarra, io mi alzo in piedi e batto le mani.
.
[Nota al Testo _ Aprile 2013]
Da quel giorno del 2008,
nuove acquisizioni mi hanno permesso una lettura più approfondita della vita e
della musica di Umberto Cesàri, prima fra tutte l’indispensabile volume “Il
Pianista Invisibile” di Stefano Zenni e Marcello Piras, edito per la SIdMA nel 2003, arricchito
di due preziosi CD contenenti registrazioni edite ed inedite e, come molte
delle cose più interessanti, di difficile reperibilità sul mercato.
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Credits:
Reminiscenze 1975
Label: Carosello
Catalog# CLE 21050
Format: LP
Country: Italy
Catalog# CLE 21050
Format: LP
Country: Italy
Umberto Cesàri - pianoforte
Tracklist:
1)
How High The Moon – 4:35
2) Laura – 10:16
3) Body and Soul – 5:09
.
1)
Cocktail For Two – 9:40
2) China Town, My China
Town – 2:00
3) I’ve Got The World
On A String – 5:05
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[1] Enrico
Cogno, “Jazz Inchiesta Italia – Cappelli Editore, Bologna 1971
[2]
Marcello Piras, Musica Jazz - Dicembre 1992
[3] Giulio
Tripputi, Musica Jazz - Maggio 1968
[4] Marcello
Piras, Musica Jazz - Dicembre 1992
[5] Enrico
Cogno, Musica Jazz - Agosto/Settembre 1972
[6] Umberto
Cesari “Reminiscenze 1975”
– Carosello Jazz from Italy, CLE 21050
I tuoi accostamenti musica-immagini sono sempre impagabili. Cesàri con i cretti e i sacchi di Burri, chi ci avrebbe pensato? Eppure insieme stanno bene – fra l'altro credo che fossero caratterialmente affini.
RispondiEliminaBuon anno!
Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere e frequentare per diverso tempo le persone di cui parli nell'articolo. Umberto Cesàri è stato un genio. Credo che il figlio, batterista, stia cercando di mettere ordine nella miriade di registrazioni casalinghe, non ho dubbi che sia un autentico tesoro armonico ed emozionale.
RispondiEliminacarlo rondinelli
Interessantissimo il tuo blog!
RispondiEliminaè possibile condividere questa chicca? immagino che sia out of print
RispondiEliminaancora una volta grazie. ricordo la presentazione del libro di Stefano Zenni a Roma. qualche anno fa'. non conoscevo Umberto Cesari. Stefano Zenni ha presentato alcune incisioni. sono rimasto letteralmente incantato...
RispondiEliminaPrésentation toujours très intéressante, pianiste merveilleux, merci.
RispondiEliminaPresentazione sempre molto interessante, pianista meraviglioso, grazie.
grazie grazie grazie grazie grazie!!!!! luigi
RispondiEliminaGran bel lavoro luigi grazie!
RispondiEliminaGran bel lavoro luigi grazie!
RispondiEliminapotresti mettere un nuovo link? Ho scoperto anche io Cesari con il libro e trovo meravigliose le sue incisioni! Un'altra preghiera, potresti mettere in rete la sigla di Nero Wolfe suonata da nunzio Rotondo, ero un ragazzino, ma quella musica mi stregava.
RispondiEliminaGrazie
Alessandro
Ciao anonimo, cosa intendi per link? Che brani conosci?
EliminaCiao!
Leo
Ciao, avevo già sentito Begin the beguine in un cd antologico del jazz italiano, poco ma sufficiente a farmi cercare il libro che era assolutamente introvabile, e che ho ottenuto solo grazie alla gentilezza della Cassa di risparmio di Chieti. Mi sono piaciuti soprattutto ibrani del secondo cd allegati al libro. Per ciò che riguarda il nuovo link, se si clicca su side A o side B di Reminiscenze appare file non più esistente, quindi andrebbe ripostato un nuovo link magati con megaupload o telefifichier.
RispondiEliminaCiao. Alessandro ps un altro grande dimenticato è Larry Nocella che suonava splendidamente in disco di pillot - farmer proprio nella stessa collana di Reminiscenze.
Ma era anche pilota di jet? Come gli era possibile? Mi piacerebbe sapere
RispondiEliminaNon conoscevo questo disco, grazie davvero
RispondiEliminaGrazie a te, mi fa piacere
RispondiEliminaMuchas gracias, muy bueno el disco, saludos.
RispondiElimina