Lo
devo ammettere. Non smetto mai di tentare di comprendere la diretta proporzione
che corre tra la partecipazione sui palcoscenici e sui documenti discografici
di alcuni musicisti jazz, e la presenza degli stessi sulle pagine della letteratura
musicale. Non lo so perché, ma è così. So però perché sono così curioso: ho il
brutto vizio di voler capire.
È
il caso, non isolato, di Tullio De Piscopo, che vanta un curriculum di tutto
rispetto, avendo suonato ed inciso a fianco di compagni del calibro di Enrico Intra,
Franco Cerri, Gianni Basso & Oscar Valdambrini, Dino Piana, Renato Sellani,
Giorgio Azzolini, Attilio Donadio, Mario Rusca, Giovanni Tommaso, Sante
Palumbo, Giorgio Buratti, Guido Manusardi, Oscar Rocchi, Massimo Urbani, Enrico
Pieranunzi... e sono solamente i primi nomi che mi vengono in mente tra i
jazzisti italiani. A questi si devono aggiungere almeno Gerry Mulligan, Astor
Piazzolla, Kai Winding, Julius Leroy Farmer, Tony Scott, Dave Samuels, Woody
Shaw, Slide Hampton, Gato Barbieri, Billy Cobham, Don Cherry, Bob Berg,
Famaudou Don Moye, Wayne Shorter, Mike Melillo, Nanà Vasconcelos e chissà
quanti altri.
Eppure,
cercando sull’indispensabile “Il Jazz in Italia Vol.2” di Adriano Mazzoletti
(EDT 2010), trovo appena due riferimenti al batterista napoletano: un accenno
nel capitolo Il Dopoguerra ed Oltre, dedicato a Napoli, ed una nota nella
discografia di Franco Cerri. Nella “Grande Enciclopedia del Jazz” (Curcio 1982)
sempre a cura del Mazzoletti, un paragrafetto con tanto foto esiste,
essenzialmente biografico, che non riporta nessuna interpretazione critica
rispetto alla figura professionale.
Gian
Carlo Roncaglia, si spinge chiaramente un po’ oltre: nel IV° volume de “Una Storia del Jazz” (Marsilio Editori,
aprile 1982), dedica il paragrafo più ampio a De Piscopo, nel capitolo Quattro Modi di Intendere la Batteria nel Jazz « […]
alla fine degli anni Sessanta arrivò a Milano e si rilevò come batterista di
estremo interesse con Basso, Valdambrini, Cerri, Intra. Accompagnatore apprezzatissimo
per anni e poi finalmente leader di suoi gruppi e compositore assai interessante,
De Piscopo rappresenta come pochi il jazz italiano d’oggi, non sordo a
contaminazioni che non fanno mai scordare come i suoi grandi maestri siano
stati Elvin Jones e Tony Williams, anche se la componente partenopea non è
certo assente dalla sua robusta personalità»; poi
sintetizza nuovamente un profilo anche nel suo “Italia Jazz Oggi” (De Rubeis,
1995), dove gli dedica qualche riga nel capitolo de Gli anni Sessanta e Settanta, e tratteggia ancora un opinione in merito, anche se riflette più
l’aspetto fisico che altro: «ancora
da Napoli, poi, arrivò un pirotecnico batterista che s’era fatto le ossa sotto
il Vesuvio da ragazzo: Tullio De Piscopo, musicista che ancora oggi rappresenta
uno degli esempi più significativi nel panorama jazzistico italiano».
Allora
inizio a spulciare la mia collezione di Musica Jazz e, nonostante l’intensa attività
di De Piscopo, documentabile già dai primi Settanta, le tante brevi notizie e
le diverse recensioni ai dischi in cui compare mi aiutano appena ad afferrare
il profilo abbozzato dalla critica ufficiale. Poi trovo un’intervista del 1982,
unico approfondimento concesso da Giorgio Lombardi, e mi sembra un’epifania.
Mi
sposto su Discogs.com, alla ricerca di documenti sonori che mi possano aiutare
nella ricerca ed i nomi affiancati a quello del Nostro diventano variegati; ai
già citati jazzmen si aggiungono Adriano
Celentano, Mina, Enzo Jannacci, Ornella Vanoni, Iva Zanicchi, Mino Reitano,
Toto Cutugno, Roberto Vecchioni, Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Pino
Donaggio, Domenico Modugno, New Trolls, Franco Battiato e tanti altri.
Allora
mi chiedo, forse condizionato dalla lettura de “Il Jazz e i luoghi comuni della musica di nicchia”, riflessione di Riccardo Sacchi appena apparsa su Free Fall
Jazz, se la critica è rimasta confusa per via de «l’abusato concetto di “musica
commerciale” spesso confuso con “popolare”, che non è esattamente la stessa
cosa: lo stesso jazz è sempre stato di fatto parte della musica popolare,
comunque non pensato per una ristretta nicchia di cultori un po’ blasé.
Purtroppo, fare associazioni mentali automatiche, del tipo “musica di nicchia =
musica d’arte” e “musica popolare = musica commerciale” è il passo che ne
consegue, per quanto ingiustificato e facilmente confutabile». O se, più semplicemente,
non abbia nel proprio DNA il gene del feedback
e la predisposizione all’esposizione.
Come
spesso accade, mi viene in aiuto “Storia del Jazz Moderno Italiano” di Arrigo
Zoli (Azi edizioni, 1983) dove, in calce alla scheda biografica, viene riportato
il seguente profilo critico: «Ha un
controllo tecnico pressoché perfetto e una quadratura metronomica. Queste
brillanti qualità gli permettono di svolgere un’intensa attività oltreché
nell’ambito jazzistico in quello della musica leggera e della musica per
sonorizzazioni. Da questo ecumenismo batteristico e dal carattere decisamente
esuberante dell’uomo, vengono talvolta a determinarsi particolari situazioni in
cui la musica viene richiesta di mettersi al servizio di Tullio, con i
prevedibili squilibri. Quando invece è Tullio a porsi con discrezione al
servizio del jazz, il suo tocco sornione, il fraseggio largo, il relax, la
spiccata musicalità regalano bellissime sensazioni».
Metto
su un paio dei suoi dischi più famosi degli anni ’70, quando cioè De Piscopo
suonava ed incideva con Giorgio Baiocco, Sante Palumbo, Larry Nocella, Luigi
Bonafede, Lucio Terzano, Sergio Farina o Giorgio Cocilovo e capisco al volo
cosa intendesse Zoli. Questo Future Percussion, fosse anche solo per la presenza
di Larry Nocella, meriterebbe di essere ristampato subito. Ma si sa, la
comprensione ed il mercato non sempre sono felicemente
collegati.
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Credits:
Tullio De Piscopo Quintet
Future Percussion
Label: Carosello
Serie: Jazz from Italy
Catalog#: CLE 21038
Format: LP
Country: Italy
Recorded at Studio CAP,
Tullio De Piscopo (drums),
Larry Nocella (tenor sax),
Giorgio Cocilovo (guitar),
Luigi Bonafede (piano),
Lucio Terzano (bass),
Luis Agudo (percussion)
Tracklist:
A1. Scetate _ Garrison My
Dear - 6:07
A2. Barbara - 6:48
A3. La
Mia Natura - 6:52
B1. Future Percussion - 6:45
B2. Say It (Over and Over
Again) - 5:00
B3. 3 For Larry - 7:53
Great, thanks a lot!
RispondiEliminaUnknown to me. Looks very interesting, though.
RispondiEliminaThank you very much for yet one more slice of Italian Jazz history.
It's much appreciated - Thank you very much!!
Thanks a lot ' also for the other posts. Some early Pieranunzi or Manusardi recordings would also be great !
RispondiEliminaThank you.
RispondiEliminagrazie ho visto parecchie volte De Piscopo suonare in contesti jazzistici e condivido quanto dice Zoli, accompagnatore formidabile si lascia un po' troppo prendere la mano dagli assoli. Invece non è possibile sentire qualcosa di più di Larry Nocella? 35 anni fa un amico mi prestò un lp di Farmer - Pillot e rimasi fulminato dalla bravura di Larry, ricordo anche un disco con Danny Richmond - Everything happens to me, Larry è il grande dimenticato (almeno discograficamente) del jazz italiano
RispondiEliminaAlessandro
E' vero, riprendiamo a ricordarlo da quì.
EliminaGrazie per il tuo passaggio!
Grazie!!!
RispondiEliminaMany thanks
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