Se
Gianni Basso ha dovuto affrontare una lunga gavetta prima di ricevere i
meritati e vastissimi consensi, cosa diversa è accaduta al suo amico d’infanzia
e “concittadino” Dino Piana, che dal suo apparire con il Quintetto di Torino,
nell’ambito del concorso radiofonico “la Coppa del Jazz” indetto dalla RAI nel gennaio 1960, in poco più di un
anno incise ben quattro EP, di cui uno a suo nome, e due LP.
Sarà
per via della particolarità del suo strumento, ma indubbiamente anche per la modernità
del suo fraseggio, almeno per i suoni dell’epoca, sarà per la sua umana
modestia, ma sicuramente anche per la sua indiscutibile professionalità, sarà
perché il destino lo ha portato a scegliere la via del professionismo per
bisogno, ma certamente anche per il suo coraggio nell’aver scelto d’imboccare
quella strada, fatto è che possiamo considerare Dino Piana come uno, e
probabilmente il migliore, dei trombonisti italiani di scuola moderna.
Dino
Piana nasce a Refrancore, in provincia di Asti, il 03 agosto 1939.
Il
suo nome appare per la prima volta sulle pagine di Musica Jazz nel luglio 1958, in un comunicato che
annunciava la nascita del nuovo Jazz Club di Torino sul Notiziario della FIDJ.
Piana era in compagnia di alcuni personaggi della vecchia guardia del Jazz
torinese, da sempre riuniti sotto l’egida di Renato Germonio nello storico Hot
Club di Torino, come il trombonista Riccardo “Dick” Mazzanti, il
contrabbassista (e titolare di uno storico negozio di dischi) Piero Brovarone,
il sassofonista Emilio Siccardi ed i giovani Enrico Cogno (che offrì i locali
della sua abitazione come sede provvisoria del Club), Maurizio Lama ed Enrico
Rava, tra gli altri.
Ma
nei ricordi che Piana ha raccontato a Mazzoletti, l’amore per il jazz e la
scelta di abbracciarlo per tutta una vita, si erano manifestati molto prima:
«I
miei erano commercianti, avevano un’industria di dolciumi. Però era una
famiglia che amava molto la musica. Mio padre suonava per diletto ed un mio zio
dirigeva la banda del paese. La prima volta che presi la tromba in mano potevo
avere quattro o cinque anni. Forse avevo un orecchio particolare, forse ero
“dotato” per la musica, sta di fatto che, dopo un poco che soffiavo in quella
tromba, chiesi a mio zio di farmi suonare nella banda.
Poi
arrivò la guerra, la banda si sciolse, molti di quei musicisti vennero
richiamati alle armi e io passai alla fisarmonica e poi al trombone, sempre con
quella facilità con cui avevo imparato la tromba. Tutto ad orecchio, senza mai
conoscere una nota di musica. Fu in quegli anni che io e mio fratello Renzo
cominciammo a suonare nelle balere; era tutto solo per divertimento, anche
perché l’azienda andava bene.»
.
«Poi
nel 1956 ci fu il crollo. La nostra piccola industria non riuscì più a
sopportare la concorrenza delle grandi case di dolciumi. Avevamo anche comprato
una grande pasticceria a Torino (dove
Gianni Basso organizzò il rinfresco del suo matrimonio – n.d.c), ma le cose
andarono male, anzi malissimo. L’azienda fallì e noi ci trovammo tutti sul
lastrico. Furono anni molto duri. È stato un brutto periodo. Sono partito da
casa solo con una borsa per cercare lavoro. Ho fatto il cameriere, il
rappresentate di caramelle e di biscotti. Bisognava sopravvivere. Quei quattro
anni, però, mi sono serviti, mi hanno fatto capire tante cose della vita, e
forse nella mia professione mi sono comportato in un certo modo, perché quel
periodo così triste mi ha aperto gli occhi. È stata una brutta batosta, ma se
non ci fosse stata non sarei mai diventato un professionista, sarei rimasto
quel dilettante sempre con il rimpianto di non aver mai visto avverarsi il
proprio sogno.»
Ma
torniamo ai documenti, che attestano in modo assoluto come Dino Piana sia tra
gli uomini che hanno fatto diventare grande il nostro jazz.
Le
prime incisioni documentate risalgono al 1960, e si riferiscono appunto a
quelle effettuate col Quintetto di Torino negli studi della RAI, per
l’occasione del primo concorso radiofonico. La Coppa del Jazz iniziò martedì 26 gennaio ed andò
avanti nei suoi gironi per otto settimane. Il Quintetto era composto, oltre che
da Piana al trombone a pistoni, da Gianni Dosio al sax tenore, Enrico Devià al
piano, Nando Amedeo al contrabbasso, Franco Tonani alla batteria, e godeva dei
pregevoli arrangiamenti di Gianni Coscia. La partecipazione al concorso è documentata
da un LP della RCA (LPM-10083), su cui è riportata solo la traccia
“Serenissima” di Gianni Coscia, e da un EP registrato a Roma in cui sono incisi
altri due brani, oltre allo stesso presente in LP, “Blues the Most”, di Hampton
Hawes e “Tributo a Frumento”, sempre a firma di Coscia.
Il
25 marzo del 1960, con la gara ancora in corso, Piana partecipò all’incisione
del Vol.1della serie Jazz in Italy, voluta da Piero Novelli e Nicola Cattedra per la
torinese CETRA. Poi, dal 29 aprile al 10 maggio dello stesso anno, registrò per
la prima volta con il Quintetto più famoso del jazz italiano, quello capitanato
da Basso – Valdambrini, prendendo il posto del validissimo Mario Pezzotta
grazie al suo indirizzo più moderno.
Sempre
per la CETRA,
con i componenti del suo Quintetto di Torino, ma con Gianni Basso al posto di
Gianni Dosio, incise il 30 settembre del ’60 il primo EP a suo nome, quello
riportato come Vol.9 della serie Jazz in Italy. Nemmeno un mese dopo registrò con
la cantante Helen Merrill in un quintetto da favola, composto da Gianni Basso
al sax tenore, Renato Sellani al piano, Giorgio Azzolini al contrabbasso più
Franco Tonani alla batteria, oltre al nostro, dando luce così al Vol. 8 della
serie.
Ancora
nel febbraio 1961, registrò tre brani con il quartetto che Jacques Pelzer portò
al Festival Internazionale del Jazz, con il sassofonista belga al sax alto ed
al flauto, Maurizio Lama al piano, Benoit Quersin al contrabbasso e Franco
Mondini alla batteria. Questi, più altri sette, furono pubblicati nel Vol.13
della Jazz in Italy, serie che con quella pubblicazione festeggiava il primo
anno di vita. Nel luglio dello stesso anno, partecipò a “Sonatina in Jazz”,
breve suite di Franco Tonani con Oscar Valdambrini alla tromba, Gianni Basso e
Giorgio Azzolini, inquadrabile nell’ambito della “thirdstream” europea, in
quello che sarà pubblicato come il Vol. 15 della serie che, purtroppo, con i
successivi due EP chiuderà i battenti.
Il
resto è storia nota, con le assidue partecipazioni al Quintetto Basso –
Valdambrini, declinato spesso in Sestetto, il suo primo LP da solista,
registrato nel giugno 1962
in cui compare, probabilmente, la prima versione jazz di
“Estate”, il brano di Bruno Martino che diventerà uno standard, la
partecipazione al Festival di Berlino con il complesso di Pedro Iturralde, al
fianco del chitarrista Paco De Lucia, collaborazione che portò alla
pubblicazione del bellissimo LP Flamenco Jazz (Saba/Mps 15143), che ebbe anche un seguito (Jazz
Flamenco 2 – HIS HH 11-151).
Poi
nel 1969 ci fu l’assunzione nell’orchestra RAI di Roma, con il conseguente
trasferimento nella capitale del trombonista di Refrancore, che fu raggiunto
nel ’71 da Oscar Valdambrini, che prese il posto di Baldo Panfili nella stessa
orchestra, e con il quale creò il Quintetto Valdambrini – Piana, del quale
restano titoli come Afrodite (VEDETTE VPA 8337) o il vol.34
della serie Jazz A Confronto della HORO, entrambi del 1976.
Di
Dino Piana è impossibile non ricordare la famosa partecipazione alla colonna
sonora del film di Elio Petri “Todo Modo”, diretta da un giovanissimo Filippo
Bianchi e registrata al Sound Workshop ed allo studio Dirmaphon di Roma tra il
31 marzo ed il 1° aprile 1976 con Charlie Mingus, ma mai utilizzata dalla dal
regista e ripubblicata postuma nell’album “Cumbia & Jazz Fusion” del
contrabbassista di Nogales, e che state ascoltando in sottofondo.
Questo il ricordo di quella seduta che Piana
ha lasciato alla penna di Valerio Prigiottidi AAJ: «Mi telefona un mattino Filippo
Bianchi e dice "Devi venire subito, stiamo
incidendo e non è venuto Jimmy Knepper" e io gli dico sì ma
chi è il leader? Lui esita e poi mi fa "Mingus"
e io gli rispondo "Tu sei matto! Io
non vengo," poi mi ha detto "Ti prego vieni che quello manda per aria tutto...".
Insomma erano le musiche per Todo Modo
di Elio Petri e Bianchi mi pregava di venire dicendo che Mingus era già molto
arrabbiato per il contrattempo. Figurati, conoscevo la storia di Mingus, era
uno che menava, aveva rotto un dente a Knepper! Ma era un'occasione che non
potevo perdere e alla fine ci vado terrorizzato, le gambe mi tremano, chissà
cosa troverò.»
«C'era tutto il suo gruppo, Dannie Richmond, Jack Walrath... Lui
se ne stava con un cappellone nero in testa e un sigaro enorme. Per fortuna
c'era il sassofonista Giancarlo Maurino, almeno uno dei nostri, che mi guarda e
senza parlare mi fa un cenno con la mano come per dire "qui si mette male". Ho pensato
"Andiamo bene!".
Abbiamo cominciato e malgrado i timori la seduta è andata liscia, pacifica! Poi
ci siamo spostati nello studio di Umiliani, non ricordo per quale motivo, forse
il suono e lì, anche se non era contemplato che improvvisassi, a un certo
momento in un blues, dopo un assolo di Walrath, mi indica e dice "You play". Ancora più emozionato ho
beccato la plunger che avevo lì per terra e ho improvvisato.»
Nel
1978 il Valdambrini – Piana diventa Sestetto, con l’aggiunta di Franco Piana e viene
“ufficializzato” per il mercato discografico solo nel 1989, con un album
omonimo (Pentaflowers CD PIA 004). Seguirà
il CD “Conversation” (1991), in cui il sestetto si allarga a Big Band e nel
1994 esce “Romantic”, l’ultimo in compagnia dello storico trombettista, che
morirà alla fine del ‘96. La collaborazione tra padre e figlio, invece, ha
proseguito fino ad oggi, passando per “Together”, registrazione del 1996 in quintetto, “Interplay
For 20”, del
2000, l’omaggio alla musica di Armando Trovajoli del 2008 e “SEVEN”, album appena pubblicato dalla Alfa Music, di cui le
telecamere di Jazzit ci permettono di vedere un making of…
Tra
l’ultimo ed il primo disco, insomma, scorrono più di cinquant’anni della storia
del jazz italiano, o del jazz suonato da un grande musicista italiano, se preferite.
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so
long Dino!
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Credits:
Jazz in Italy vol.2
Label: CETRA
Catalog #: EPD 47
Format: EP
Country: Italy
Recorded at Turin, September 30, 1960
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Dino Piana (trombone),
Gianni Basso (tenor sax),
Enrico Devià (piano),
Nando Amedeo (bass),
Franco Tonani (drums)
Gianni Coscia (arr)
1) Night in Tunisia (D Gillespie)
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Una collana davvero fondamentale, ed un bel post che mette in giusto risalto Dino Piana, musicalità istintiva e grande misura al tempo stesso.
RispondiEliminaGrazie per la condivisione della tua "enciclopedica" collezione, e per l'originalità nelle tue scelte d'ascolto
Thank you for another installment in your "Jazz in Italy" series.
RispondiEliminaGreat music by musicians I do not know (almost) anything.
Very much appreciated!!
Thank you
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