Preso
dall'impeto dell'associazionismo, ieri sono andato alla Casa del Jazz per
l'incontro del MIDJ (Musicisti Italiani di Jazz) su “Il jazz nel panorama
giornalistico, editoriale e dell’informazione (dalla Tv ad Internet)”, con
qualche perplessità e molte aspettative.
Le
perplessità nascevano dal fatto che, da semplice appassionato, avevo letto da
sempre della "lotta intestina" (e del difficile equilibrio tra
criticare e valorizzare) in essere tra i media ed i musicisti jazz. Ci avevano
già provato il 22 settembre 1969 Giorgio Azzolini, Gianni Basso, Franco
D'Andrea, Francesco Forti, Giorgio Gaslini, Carlo Loffredo, Dino Piana,
Marcello Rosa, Umberto Santucci e Oscar Valdambrini, soci fondatori della
U.I.M.J. (Unione Italiana Musicisti di Jazz); poi di nuovo, nell'Aprile 1989,
tentarono la strada del'associazionismo Eugenio Colombo, Furio Di Castri, Paolo
Fresu, Maurizio Giammarco, Enzo Nini, Roberto Ottaviano, Cinzia Spata, Pietro
Tonolo e Tino Tracanna, quando promossero l'A.M.J. (Associazione Musicisti di
Jazz). Su entrambi i naufragi pesava forte l'ombra della poca considerazione
della RAI, incarnata nel bene o nel male nella figura di Adriano Mazzoletti.
L'aspettativa
invece, oltre che per la nuova creatura MIDJ finalmente guidata
dall'intelligenza e dalla sensibilità di una donna (Ada Montellanico), era
generata dalla lista dei relatori dell'attuale incontro, che apriva proprio con
Adriano Mazzoletti, oltreché Alceste Ayroldi, Fabio Ciminiera, Luca Conti,
Gerlando Gatto, Vincenzo Martorella, Marco Molendini, Pino Saulo e Luciano
Vanni. Su tutti, il coordinamento fiduciario di Luigi Onori.
Quasi
cinquant'anni e pochissimo ricambio tra le fila non annunciano grosse novità (a
meno che per novità non intendiamo internet, oramai più che maggiorenne nel
panorama dell'informazione), pensavo, ma mai chiudere del tutto una porta,
soprattutto se nella stanza c'è aria di chiuso. Per questo ieri sono andato,
nonostante il freddo ed il traffico della Colombo alle ore 18:00.
Devo
dire che molti sono stati i punti d'interesse, ma meno gli spunti interessanti,
e che per quasi due terzi del tempo ho visto affrontare problemi antichi con
vecchie idee. Per dovere di cronaca dirò
che Ayroldi, Martorella e Luca Conti erano assenti giustificati.
Mazzoletti
ha parlato molto della Radio che fu, delle sue esperienze come direttore di
Blue Jazz, del Bureau du Jazz ed infine ha girato alla platea la domanda
cruciale: "perché la RAI
non trasmette il jazz sui canali principali?". La sua cosa più
interessante è stata la conferma della lavorazione del terzo libro su "Il
Jazz in Italia", che dovrebbe coprire l'arco dal 1960 ad oggi e che, una
volta per tutte, ci farà capire cosa pensa Mazzoletti della musica più
contemporanea, a partire dalla figura di Mario Schiano.
Il
tema web è stato affrontato quasi interamente da Gerlando Gatto, persona e
giornalista che merita tutto il mio rispetto ma non propriamente il profilo
migliore per parlare delle nuove e futuribili possibilità della rete (classe
'46).
Luciano
Vanni è stato il rappresentante più innovativo e votato alla propositività, con
il suo JAZZiT che è già orientato alla multimedialità dei contenuti e che nel
prossimo numero si occuperà di Frank Sinatra (personaggio in copertina di
Musica Jazz a dicembre). Peccato solo che la sua pregevole rivista abbia deciso
già da tempo di restringere ad una limitata manciata di collaboratori (anche
internazionali) la visione approfondita dei temi centrali, perdendo in
multidirezionalità.
Poi
è intervenuto Tatarella come editore di Musica Jazz, ma credo fosse Marco e non
Fausto, e non ricordo molto altro.
Nessuno
ha affrontato la questione estetica, centrale nell'arte della critica che
quando diviene acritica, perde la sua ragione di essere;
Nessuno
ha proposto di creare una rete di programmazione dei locali, per permettere una
condivisione dei costi ed un'eco mediatica continuativa e di sponda (anziché
una frammentazione random della già debole proposta);
Nessuno
ha proposto una soluzione per accorciare i tempi oramai elefantiaci
dell'editoria periodica, che rendono inutili la maggior parte delle
anticipazioni dei concerti e, nonostante la presenza di Marco Molendini,
nemmeno delle pagine culturali dei quotidiani si è riusciti a fare un ritratto
ragionato, chiosando con l'affermazione che, per problemi tecnici, le
recensioni dei concerti sui giornali non "tirano" più;
Nessuna
proposta di coalizione tra i giornalisti iscritti all'albo per fare base e
trasmettere, nonostante le scontate resistenze, le stesse istanze di contenuti
ai caporedattori delle maggiori testate giornalistiche;
Nessuno
ha affrontato il tema delle collaborazioni sottopagate (quando va bene) o più
comunemente a gràtisse nell’editoria
musicale;
Nessuno
ha ragionato sulla necessità di una ricognizione più capillare della
situazione, per permettere a realtà come il 28DiVino, il B-Folk, il Monk o il
Jolly Roger (giusto per fare quattro nomi) di condividere le stesse possibilità
promozionali riservate all'Auditorium, dal momento che la programmazione gode
della stessa qualità della proposta e, anzi, di una più spiccata novità
dell'offerta;
Nessuno
si è fatto portavoce di un'eventuale mozione civile per richiedere a gran voce
la circolazione dei tesori culturali nascosti negli scrigni della RAI o per
supportare economicamente progetti più d'avanguardia;
Nessun
tentativo trasversale per cercare di connettere la musica jazz agli altri
eventi culturali, non solo in forma di kermesse spettacolo ma, soprattutto, per
condividere spazi dedicati alle Arti (Musei, Gallerie, Teatri).
Si
è appena accennato ad un eventuale sostegno concreto delle produzioni
"minori", ma nessun accenno si è fatto per le nuove modalità
produttive, che in seno ad un'associazione sembrano essere lo strumento ideale;
Ad
un certo punto ho sentito che la
RAI dovrebbe "sparare nel mucchio" per
alfabetizzare la massa, e ricordo l'eco di nomi come Louis Armstrong, Miles e
perfino Coltrane... ma forse mi ero distratto con l'i-phone.
Poi
c'è stato un barlume che ha risvegliato la mia attenzione, quell'ultimo terzo
che lascia presagire se non una via, almeno un'indicazione di viaggio...
L'intervento di Pino Saulo ha riportato lucidità e speranza, raccontando quello
che, ad orecchie curiose ed attente, è ancora fruibile in radio, a cominciare
da Battiti; interessante anche la sua "provocazione" rispetto al
sold-out del concerto romano di Kamasi Washington che, ovviamente, quasi
nessuno ha raccolto;
Fiorenza
Gherardi De Candei (dalla platea) ha provato a farci ragionare sull'efficacia
dell'attuale messaggio promozionale/culturale, che si deve aggiornare per poter
arrivare al grande pubblico, tentando di spostare l'attenzione dalla forma
(internet) al contenuto (interesting);
Ada
ha condiviso il sentimento di forza e di appeal di certe proposte con esempi
concreti (L'Aquila con 60.000 persone), ha apertamente responsabilizzato i
necessari partner per l'assenza di una corretta informazione (Stampa e TV) ed
ha annunciato alcuni prossimi temi tosti quanto interessanti (Lavoro e
Previdenza);
Pasquale
Innarella ha dato il suo contributo di persona modesta e di artista
straordinario (l'unico che ha raccolto il tema Kamasi), cercando di stimolare
unità d'intenti e spirito collaborativo;
Luigi
Onori ha concluso dichiarando necessaria una nuova inchiesta, non sui contenuti
artistici alla stregua del Top Jazz ma sugli aspetti etici, produttivi e
sociali di questa musica, sullo stile di "Jazz Inchiesta Italia" di
Cogno (che già si faceva queste domande quando il jazz italiano era ancora
immaturo), per ripartire almeno da una chiara consapevolezza.
Insomma,
ieri sono andato alla Casa del Jazz per l'incontro del MIDJ (Musicisti Italiani
di Jazz) su “Il jazz nel panorama giornalistico, editoriale e dell’informazione
(dalla Tv ad Internet)”, e sono tornato a casa con qualche perplessità e molte
aspettative. Avrei avuto piacere nel vedere un palcoscenico più variegato,
perché ieri non c’erano Francesco Martinelli, Enrico Bettinello, Franco
Bergoglio, Stefano Zenni, Luca Canini, Federico Savini, Mario Gamba, Neri
Pollastri, Marco Buttafuoco, Nicola Gaeta, Luca Collepiccolo, Daniela Floris, Sergio
Pasquandrea, Roberto Dell’Ava, Sandro Cerini… e sono solo i primi nomi che mi
vengono in mente e non ci raccontiamo la storia delle distanze, che anche un
semplice collegamento a Skype avrebbe comunque fatto la sua parte! In ogni caso
oggi aderirò a MIDJ perché, nonostante tutto, ce ne fossero di occasioni per interrogarci...
[Art by Albrecht Dürer]
Molto interessante. Personalmente ho ricevuto l'invito da Ada alla quale ho subito risposto facendo presente le distanze (700km) incolmabili. Non si è parlato di Skype ma potrebbe essere una idea per il futuro. Non ho potuto fare altro che dare il mio sostegno virtuale all'iniziativa. Sarei molto interessato a seguire diversi punti, in particolare riguardo al web con tutti annessi e connessi. Mi riferisco in particolare a blog e portali, molto meno stimolato da Facebook dove quasi sempre ogni discussione finisce in sanguinosa intifada tra opposte fazioni e di conseguenza me ne tengo molto alla larga. Però, e parlo per me, mi rendo conto di essere un outsider in tutti i sensi: conosco pochissimi operatori, ancor meno musicisti, abito in estrema periferia, posso ragionevolmente seguire un numero limitato di concerti ed ho una età non più verde. Non credo quindi di avere requisiti minimi per dare un seppur piccolo contributo.
RispondiEliminaAmico mio, a Gennaio sono andato a Milano al teatro Leonardo dove si celebrava il Top Jazz 2015. Ero stato nel 1989 al Ciak dove si era celebrato il Top Jazz 1989, da cui peraltro è stato tratto un bel disco. Il problema è che gli artisti erano praticamente gli stessi (Rava, D'Andrea ecc...), il pubblico (poco) lo stesso e la musica quasi la stessa. Insomma una riunione di ottuagenari. Per carità D'Andrea ha suonato benissimo, ma forse questi grandi vecchi del Jazz non hanno lasciato spazio a giovani generazioni. Suonano ancora bene, ma occupano uno spazio che sarebbe di altri. Peccato!
RispondiElimina