sabato 19 ottobre 2013

Il Top Jazz degli italiani


Manca giusto una settimana per inviare le votazioni del Top Jazz 2013, ed io non riesco a darmi pace.

Questo è il secondo Poll al quale sono invitato a partecipare e, invece di acquisire sicurezza sulle mie scelte musicali, mi lascio sempre più volentieri trasportare dalla curiosità, dai dubbi di un’umana e limitata conoscenza, dal desiderio d’incontrare ancora una voce sconosciuta che sconvolga i noiosi canoni prestabiliti, pur se da me stesso.


Manca ancora qualche giorno per valutare i migliori del Top Jazz 2013, ed io sto ancora cercando, dentro ed intorno a me.

E sì perché, se non ho mai ritenuto il Top Jazz un vero e proprio termometro della situazione musicale in Italia, è indiscutibile che la classifica risultante dalle scelte dei diversi «giurati» invitati a partecipare da Musica Jazz, offre un vero e proprio ritratto della nostra cultura e, nel caso specifico, della critica musicale italiana.


Quello che appare dal principio è che siamo restii al cambiamento, che puntiamo spesso sul cavallo vincente, forse per la propensione a votare per offrire riconoscenza ad una carriera indiscutibile o proprio perché non amiamo il rischio.  

Quello che si può affermare scorrendo le annate del Top Jazz è che noi ci facciamo convincere dalle scelte facili, cioè da quello che gli uffici marketing meglio rappresentano, ci lasciamo abbagliare dai soliti nomi illuminati sui palchi dei festival estivi, ci ricordiamo solo dei musicisti che più vengono nominati sui due soli giornali specializzati (che, in sintesi, sono po’ l’auditel del nostro jazz).


Noi, forse per natura, non cerchiamo tra le ultime pagine, non scandagliamo l’abisso meno noto della grande ragnatela mondiale, non viaggiamo a nostro agio con degli sconosciuti al fianco. Noi non infrangiamo la superficie, non cambiamo facilmente menù, non supportiamo le minoranze, non ci buttiamo a cuore aperto nell'avventura. Noi non crediamo, non azzardiamo, noi non ci battiamo per le nostre idee, tantopiù se pensiamo che possano minare la nostra immagine. Forse perché è faticoso, o forse è per non esporci troppo oppure, più semplicemente, perché non ci viene facile. Noi siamo italiani.


Un esempio, a caso: Rita Marcotulli, una delle rare e preziose donne del panorama jazz, ci ha messo venticinque anni per passare da miglior talento (1986) a miglior musicista (2011).


Certo, dalla prima edizione del Top Jazz (1982) molte cose sono cambiate, come ricorda Maletto nell’articolo quì sotto, su tutte l’importanza data dalla redazione al referendum che, dal 1999, occupò l’inserto centrale della rivista e dedicò ai vincitori la prima pubblicazione in CD, proseguita fino ai nostri giorni. Ma alcune cose restano a me incomprensibili.


Vi faccio un altro esempio: nei primi diciannove anni del Top Jazz, questi sono stati i “Musicisti dell’Anno”:

1982 Franco D’Andrea
1984 Franco D’Andrea
1985 Franco D’Andrea
1986 Franco D’Andrea
1987 Franco D’Andrea
1988 Gianluigi Trovesi
1989 Enrico Pieranunzi
1990 Paolo Fresu
1991 Roberto Ottaviano
1992 Gianluigi Trovesi
1993 Enrico Rava
1994 Enrico Rava
1995 Enrico Rava
1996 Enrico Rava
1997 Enrico Rava
1998 Gianluigi Trovesi
1999 Enrico Rava
2000 Gianluigi Trovesi
2001 Enrico Rava

Sei musicisti scelti in quasi vent’anni, capite cosa intendo dire? Dov’è la curiosità, dove l’azzardo di credere nel profondo in qualcosa, dove lo stimolo e dove la ricerca?


Prendiamo ad esempio Massimo Urbani: nei vent’anni presi in considerazione, non è mai apparso nella categoria “Nuovi Talenti”, tuttavia non è mai stato eletto vincitore nella categoria “Musicista dell’Anno” ed è stato fatto salire sul podio dei primi tre solamente nel 1987, con un misero terzo posto. 


Eppure, a onor di critica, Urbani è stato da subito apprezzato, ma forse non si sapeva bene dove piazzarlo, perciò è stato più facile ometterlo… Chissà se Max avrebbe trovato più sostegni al suo precario equilibrio umano se fosse stato più chiaramente valutato anche nella sua professione...


Forse ultimamente le cose sono un po’ cambiate, la promozione ha trovato canali più accessibili a tutti, la globalizzazione culturale ha aperto le nostre menti, la fauna dei musicisti si è notevolmente ampliata ed anche i giornalisti non sono più quella manciata elitaria di una volta, forse. Ma scorrendo i risultati dei primi anni, c’è veramente da rabbrividire, e non per mettere in dubbio la validità dei musicisti, per carità tutta gente d’onore, ma per la ristrettezza delle vedute degli ascoltatori candidati ad esprimersi, che hanno la responsabilità di fare da megafono per la massa di appassionati, mostrare scorci nascosti e colorati, di fare fine tuning tra le frequenze più disturbate.


Ecco, è per questa incognita che non trovo pace.
Che non è tanto l’avventura della votazione che disturba il mio sonno (che invece lascia il tempo che trova), ma è la responsabilità di superare i miei confini mentali, di riconoscere i miei limiti e sfidarli, di abbracciare l’impegno con preparazione, con morale incoerenza e, perché no, con puro sentimento. Restare parziale, dimenticare per ignoranza… è di questo che ho timore.


Manca poco per illuminare dal mio punto di vista le vie del Top Jazz 2013 ed io vorrei tanto perdermi nel buio dell’ignoto musicale.


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Credits:

Top Jazz ‘99

Label: Musica Jazz
Catalog#: MJCD 1130
Format: CD
Country: Italy
Released: January 2000







6 commenti:

  1. anch'io sono stato invitato, ma ho dato forfait perché non mi sentivo, semplicemente, adeguato a giudicare.
    rispetto alla realtà del jazz italiano, che è vasta, varia e complessa, il mio punto d'osservazione è davvero troppo limitato. per di più, negli ultimi mesi (anzi, diciamo pure, nell'ultimo anno e più) motivi personali mi hanno fatto rallentare il ritmo degli ascolti, e non seguo l'attualità con la dovuta attenzione.
    comunque, in bocca al lupo per le scelte.

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  2. (scusa, sono Sergio Pasquandrea: sono semplicemete entrato con l'account Google sbagliato)

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  3. Fin troppo ovvio dirti che partecipare a questo tipo di "gioco" è tensione positiva ma al tempo stesso fatica improba, parziale e fortemente condizionata da tutti i fattori che giustamente metti in luce. Tanto per giocare anch'io, ti dico i due dischi italiani che più mi sono piaciuti quest'anno, e che di certo non vedremo in graduatoria: Laut di Gaia Mattiuzzi, e Tricatiempo di Stefano Costanzo.

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  4. ho provato anch'io a lanciare un sasso nello stagno referendario...sono contento che l'idea sia in qualche modo condivisa da altri. Dopo aver scritto il pezzo ho sentito molto silenzio...
    http://www.magazzinojazz.it/index.php/jazzofili-jazzisti-jazzati/148-the-magazzinojazz-annual-critics-poll
    ciao Franco

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