Sono
appena tornato da Berlino e, nella mia cassetta della posta, ho trovato
l’ultimo divertimento di Bearzatti, in quartetto con gli affiatati Giovanni Falzone, Danilo Gallo e Zeno De Rossi, che tratteggiano uno dei più espressivi
ritratti “a tutto tondo” di quel gigante di Thelonious Monk. La seconda cosa,
dopo aver appoggiato la valigia, è stata accendere il mio impianto.
Berlino,
come sempre, l’ho trovata sorprendente. Questa città, che ha visto distruggere
ed edificare più volte la sua stessa storia, ha fatto della dualità la sua
cifra stilistica, componendo, non senza strappi, tra l’ombra della prima unificazione
barocca della Germania ed il tonfo dell’ultimo baluardo dell’ipocrisia umana,
una miscela esplosiva e sfaccettata, che è impossibile classificare sotto un’unica
definizione, tanto quanto poter racchiudere in una ragionata guida.
.
MONK’N’ROLL,
com’era immaginabile, si apre con un Misterioso da brivido, che annuncia
chiaramente le intenzioni del quartetto ma che modifica sottilmente l’aspetto
dell’omaggio, con un mood generale più degno di un’ispirata ost che di un’intro
dedicata. Già dalla seconda traccia capisco il perché del titolo del CD,
oscillante tra l’estasi, qui più fisica che mistica, della nostra icona jazz ed
il movimento, eccitante e combinato, di uno dei più energici filoni del pop.
Non devo aprire il libretto per pensare a Another
One Bites the Dust dei Queen, che palpita chiaramente nella ritmica del
bellissimo Bemsha Swing, congiungendo
in poco più di 4”
quasi trent’anni di popular music
.
Mi
fanno quasi tenerezza quegli stormi di turisti che girano con il naso all’insù
per le vie della città, che si accontentano del residuato di una chiesa da
fotografare, che si mettono in coda per esporsi sull’unica fontana che possa
fungere da sfondo degno alle loro foto-ricordo, che si disperano nella ricerca di
un’angolazione adeguata per un’istantanea che riesca a valorizzare il loro
unico amore, dissipato nell’immensità di una piazza sovietica.
.
Mi
viene quasi da ridere pensando a quei poveri critici che dovranno arrovellarsi
le cervella per scovare definizioni adatte per più stili musicali riunite in un
unico territorio senza confini, che cercheranno solidi monumenti, al di qua e
al di là del muro delle impressioni, per dare un basamento ad un’effige cotanto
dissacrante, smarriti in una passeggiata sulla luna, intorno a mezzanotte, appesantiti
dalla gravità del loro lavoro pieno d’etichette, ma con poco amore.
In un vortice scorrono Trinkle Tinkle con Back in Black, Blue Monk con My Sharona, le blue notes con i più sensuali ed energici riff, Brilliant Corners con Under Pressure, Criss Cross con Walk On The Wild Side, aggrovigliati e stretti inseparabilmente insieme, ma forse alcuni si concentreranno esclusivamente su Crepuscule with Nellie, e sarà meglio di niente, ma sempre troppo poco per poter dire di conoscere davvero.
In un vortice scorrono Trinkle Tinkle con Back in Black, Blue Monk con My Sharona, le blue notes con i più sensuali ed energici riff, Brilliant Corners con Under Pressure, Criss Cross con Walk On The Wild Side, aggrovigliati e stretti inseparabilmente insieme, ma forse alcuni si concentreranno esclusivamente su Crepuscule with Nellie, e sarà meglio di niente, ma sempre troppo poco per poter dire di conoscere davvero.
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Berlino,
per conoscerla, bisognerebbe solo viverla davvero, e dal di dentro. Forse si
scopre appena un po’ dietro gli ampi portoni, nei tanti surriscaldati cafè, nei
colorati dettagli disseminati per la strada, probabilmente di più nei
sotterranei dei negozi vintage che lungo la famigerata Friedrichstrasse, o in
uno dei numerosi locali vegetariani che nel primo banchetto di Currywurst. Berlino, secondo me, è molto più vera nello
speziato Kreuzberg che nel profumato Mitte.
.
Il
Tinissima 4tet ha dentro più anime di quelle che tirano la Quadriga. Forse se ne percepisce l’alone nelle storie
monografiche che raccontano, equamente divise tra la solida forma della memoria
e la leggerezza dell’essere umano. Forse si conosce appena un po’ di questo
speciale combo se si accetta l’equilibrio necessario tra l’urlo di dolorosa
affermazione e la sprezzante risata liberatoria, probabilmente di più se si è
disposti ad accettare che un sax può graffiare come una Fender Stratocaster,
che la tromba può urlare a squarciagola dentro un microfono, che la ritmica può
pompare emozioni, anziché accompagnare solisti, che i rumori, le voci,
l’elettronica ed i sospiri hanno la stessa dignità delle minime, delle
semiminime o delle crome e delle biscrome.
A Berlino, per esempio, il 21 Marzo faceva -6° eppure, sapendo guardare, la primavera era dappertutto.
A Berlino, per esempio, il 21 Marzo faceva -6° eppure, sapendo guardare, la primavera era dappertutto.
Se
Berlino è il ricordo, indelebile e cangiante, di un segno sul muro, che viene
subito riscritto appena girate lo sguardo, le altre capitali europee sono solo una
cartolina immobile da mettere in bella mostra sul frigo.
Se
il jazz è una musica, più volte dichiarata morta, che rischia l’ascolto
insensibile su una poltroncina di velluto rosso, con statici ingaggi sempre più
milionari, il Tinissima Quartet è la distorsione nichilista del jazz.
p.s.
il
disco è appena uscito, ed è così bello, che merita un minimo d’impegno da parte
vostra, per questo io non lo metto in condivisione, cioè compratevelo.
Ma
se davvero non potete permettervelo (però costa come due aperitivi, per cui non fate
i furbi) ed avete bisogno comunque di rinnovarvi l’anima, su qualche sito,
amico & prezioso, si trova già
Che bel resoconto, complimenti e grazie per la segnalazione.
RispondiEliminaRitengo scorrettissimo mettere in condivisione un disco uscito appena da qualche ora. Ognuno fa quel che crede e ne accetta le conseguenze, ma come c'è chi crede di poter tranquillamente derubare un musicista del proprio lavoro (il disco è uscito ieri, forse da un paio di giorni, non certo da sei mesi), allo stesso modo il sottoscritto è legittimato a incazzarsi per un modo di fare assolutamente ripugnante.
RispondiEliminaMi prendo tutte le responsabilità delle mie affermazioni, questo sia chiaro.
LC
E sia ovvio, Roberto, che non mi riferisco a te.
RispondiEliminaLC