Non so voi ma, come succede al povero George Bailey tutti gli anni (da più di settant’anni!!!), anche a me è capitato qualche volta di avere scoramenti che mi impedivano di vedere una possibile via di uscita e, di conseguenza, mi son ritrovato qualche volta a pensare (ma non così spesso come lui, povero...) se non sarebbe stato meglio non essere mai nato (soprattutto durante festività come queste) anche se, a differenza di George-tapino, non mi ha mai sfiorato l’idea del suicidio (almeno fino ad oggi).
Quest’anno poi, proprio come per James/George, uguale-uguale, anche per me alla vigilia di Natale qualcuno mi ha inviato una specie di angelo (sì, quello di seconda classe lo so, ma forse è già tanto per uno come me) che mi ha in qualche modo mostrato che la vita è meravigliosa se riscaldata almeno un po’ dal fuoco della passione.
Tutto questo perché il mio Clarence (va beh, in realtà era un corriere UPS che ho visto solo di spalle, ma è pur sempre Natale e un po’ di romanticismo ci sta, no?) mi ha consegnato un qualcosa che mi ha mostrato come sia possibile superare le umane fragilità e che, ai miei occhi, si è mostrato subito come una delle cose più belle degli ultimi due anni!
Ovviamente una favola può durare 100’, 120’, anche 130 minuti o due giorni ma, come tutte le cose belle, prima o poi deve finire per far tornare alla ribalta le umane criticità, i limiti, le questioni irrisolte e le infinite alternative possibili, tutti quei fantasmi insomma che durante la storia se ne sono rimasti nascosti tra le quinte, in attesa della scritta FINE («ma pagato il debito cosa succederà a George e alla “Prestiti e mutui”? E se dovesse fallire, cosa succederebbe agli inquilini delle sue casette?» si chiede Raffaele Meale nella sua recensione al Film).
È bastata quindi una nuova sfogliata per notare alcune leggerezze, qualche scivolone, certe dimenticanze e diversi refusi nel mio testo.
L’aspetto grafico poi, diciamo che è un po’ naif… gabbia troppo ampia che spinge alcune foto e/o testi sui margini o fin dentro la rilegatura, una formattazione del testo che butta i grassetti e i corsivi un po' alla rinfusa, posizionamento arbitrario e didascalie sommarie delle foto; tutto in puro stile Philology, direi…
«Che cosa vuoi Mary? Puoi dirmelo. Vuoi la luna? Se la vuoi io la prenderò al laccio per te…» dice George a Mary in una delle sequenze forse più note e sicuramente tra le più smielate del film.
Ma sì, perché in fondo la vita è bella pur senza dover essere una fiaba e, tantomeno, senza l’ossessiva ricerca della perfezione.
Frank Capra, secondo me, questo lo sapeva bene e infatti non è un caso che l’angelo che ravvede il protagonista sia un figuro scalcinato, forse un po’ ritardato e addirittura senza ali, perché la sua forza sta proprio nella perfetta semplicità di una comunicativa impareggiabile e nella capacità di far vedere a George che, alla fine, saranno solo i suoi amici e i semplici abitanti di Bedford Falls che, raccogliendo la cifra necessaria, lo aiuteranno a risolvere in pratica i suoi problemi, senza bisogno d’interventi divini.
Ed è così che, per concludere questa natalizia metafora, il libro che oggi stringo tra le mani torna ad essere come una delle cose più belle dei miei ultimi due anni perché, con tutti i suoi difetti, è riuscito a “mettere in moto” tantissime persone intorno al tema, a creare relazioni inaspettate che hanno partecipato attivamente alla sua realizzazione e a dare forma, concreta e reale, ad un contemporaneo racconto di Natale, l'unico per me possibile.
Nice post thank you Justin
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