«Quando tornò a calcare “professionalmente” i primi palcoscenici, in
seguito al famoso pestaggio, Chet Baker non era più sicuro di sé. Il jazz aveva
cambiato direzione durante la sua assenza [...]
Come mai Chet non riuscì veramente a sfondare negli Stati Uniti dopo il
suo rientro sulle scene? Si trovò nella terra di nessuno. Per gli appassionati
e i musicisti di jazz più conservatori era troppo introverso e non aveva le
qualità necessarie per il business dello spettacolo. Buona parte degli
appassionati del jazz più progressivo, d’altra parte, non amavano il sound
della sua tromba e il colore della sua pelle. Non c’è dubbio che Chet abbia
sofferto, in parte, anche di una discriminazione razziale al contrario.»
Questo racconta Jeroen De Valk nel
suo testo “Chet Baker, Vita & Musica”
(EDT/Siena Jazz 2022). Sono affermazioni forti ma non per questo poco
veritiere, anzi. Scorrendo la storia del costume di quegli anni, gli stessi in
cui Chet e Count Basie furono contestati anche sui palchi del “nostro” Umbria
Jazz, vediamo che questi sono ottimi spunti per nuove valutazioni, almeno fino
a quando Chet, il “barbone di alta classe”,
non fece ritorno in Europa, dove tornò a raccogliere il suo successo a piene mani.
Partendo da questo, e
attraversando molto altro, ne parleremo domani, con Francesco Martinelli, presso l'Archivio Garzia di Roma, in Via dei conciatori, 1d ( Testaccio/Piramide). Maggiori Info e prenotazioniNel frattempo, godetevi un po' della sua musica.
Chet Baker Quintet & Sextet, Live at Larense Jazz Festival, Singer Concertzaal, Laren, The Netherlands, August 7, 1975
Thank you!
RispondiEliminaWow! Many thanks!
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