Avrei voluto cominciare
l’anno in maniera leggera.
Avrei voluto dedicarmi alla
mia effimera passione musicale, raccontarvi cose belle, disegnare fiabe per
tutti e, magari, mettere su musica allegra e spensierata.
Ma dovrei cavarmi gli occhi,
bucarmi le orecchie e tagliarmi i polpastrelli.
Dovrei bruciarmi il cervello
e avvolgermi di filo spinato il cuore, per non vedere quello che ci accade
intorno.
Oppure basterebbe molto
meno.
Basterebbe che mi bendassi con
una bandiera di qualsiasi colore gli occhi della coscienza e gridassi forte “io
sto con loro”.
Non importa con chi, ma
sarei al sicuro perché protetto dalla massa, meglio ancora se quella dei
momentanei vincitori.
Così non sarei, veramente,
solo me stesso e potrei ogni volta cambiarmi d’abito e, in un attimo, passare
da vittima a carnefice, sempre con qualcuno, o sempre contro qualcun altro.
Cane mangia cane.
Ma sono stanco e schifato di
questo cieco antagonismo che divide questo paese in squadre. Uomo contro Uomo.
Noi contro loro,
loro contro di noi.
E intanto gli individui
muoiono.
I bambini, uno ad uno
vengono soppressi come animali al macello, per le colpe dei padri, per il bene
della società occidentale, per colpa della religione, per la smania di
profitto, per l’incuranza del vicino fratello e nemico.
E la rabbia monta, cresce da
una parte e dall’altra.
E intanto l’odio si rende
tangibile, attraverso carni bruciate, autobus esplosi e gambe amputate, sotto
gli occhi di tutti, per il proprio benessere, per la proprietà fittizia, per i
confini mentali.
Uomo contro uomo, fratello
contro fratello.
È facile dire “io sto con
loro”, senza pensare che loro, siamo anche noi.
È facile dire “sono contro
di noi” senza credere che un giorno noi, potremmo essere loro.
“Sidone”
Il mio bambino il mio/ il mio/
labbra grasse al sole/ di miele di miele/
tumore dolce benigno/ di tua madre/
spremuto
nell’afa umida/ dell’estate dell’estate/
e ora grumo di sangue orecchie/
e denti di latte/
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati/
con la schiuma alla bocca cacciatori di agnelli/ a
inseguire la gente come selvaggina/ finché il sangue selvatico non gli ha
spento la voglia/
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione/ e
nelle ferite il seme velenoso della deportazione/ perché di nostro dalla
pianura al modo/ non possa più crescere albero né spiga né figlio/
ciao bambino mio l’eredità/ è nascosta/
in questa città/ che brucia che brucia/
nella sera che scende/ e in questa grande luce di
fuoco/
per la tua piccola morte.
“Sidone” di Fabrizio De
Andrè,
dall’album Creuza De Mä
*********************
Le illustrazioni sono tratte
da
“kufia, cento disegnatori
per la Palestina ”.
Le foto, purtroppo, da
questo reale mondo anomalo.
Nessun commento:
Posta un commento