venerdì 26 dicembre 2014

Bruce Johnson & Enrico Rava - Sea Serpent _ DIRE 1973


«Mi scrisse un organizzatore da Torino. Ero interessato a fare una tournée in Italia? Un paio si settimane. Niente di che. Qualche club, un paio di piccoli teatri, una discoteca. Sì, ero interessato. Avrei portato un quartetto con Bruce Johnson e Chip White, chitarra e batteria. Al basso avrei chiesto al mio amico Melis di prendersi un paio di settimane di vacanza dal lavoro. Bruce, un po' più piccolo di me, tracagnotto, ma tosto che più tosto non si può, era uno strano miscuglio di forza fisica, violenza ed estrema sensibilità. Nero, era cresciuto in mezzo alle gang dei sobborghi newyorchesi e ne era uscito vivo. Eccellente chitarrista, tutti i lunedì suonava nell'orchestra di Gil Evans, che aveva di lui la massima stima. Si era anche fatto una cultura da autodidatta leggendo i testi più disparati: letteratura, saggi, trattati di filosofia. Una persona veramente notevole. Eravamo diventati molto amici. Per un certo periodo forse è stato il mio miglior amico in città. L'unico problema era che si poteva accendere come un fiammifero non appena percepiva, anche a torto, un vaghissimo accenno di aggressività nei suoi confronti. A quel punto perdeva il controllo. Quando vedevo la cornea dei suoi occhi arrossarsi, eccolo là, mi dicevo, si salvi chi può. [...]

La prima sera a Torino allo Swing Club c'era una folla da non credersi. I giornali, “La Stampa" in testa, avevano presentato l'evento come qualcosa di eccezionale e la gente aveva risposto. Marcello e i ragazzi s'intendevano perfettamente e tra lui e Bruce era nata immediatamente una grande amicizia. La musica funzionava e ci divertivamo come matti. Avevo scritto dei temi semplici, difficili da dimenticare, che fornivano un'ottima base per le nostre improvvisazioni. Niente arrangiamenti, ciascuno doveva trovarsi il suo spazio. Un po' come se avessimo dovuto dipingere collettivamente una parete. Ognuno aggiungeva o toglieva quello che era necessario. Un po' il metodo che ancora oggi applico ancora alla mia musica e che mi permette di non fare mai un concerto uguale all'altro. Prima della fine del tour incidemmo per la Fonit Cetra il primo disco a mio nome: Il Giro del Giorno in 80 Mondi. Le cose erano andate così bene che da subito gli organizzatori si misero a lavorare per un tour molto più intenso per l'anno seguente»


«Per il mio secondo giro in Italia avevo cambiato alcune cose. Tanto per cominciare Marcello Melis non ci sarebbe stato perché in missione per lavoro. Inoltre, avevo conosciuto un giovane chitarrista che si avvicinava molto più di Bruce Johnson al sound che avevo in mente. Avevamo fatto insieme parecchie serate in club, senza contare le jam session. Si chiamava John Abercrombie ed era sul punto di diventare uno dei maggiori chitarristi del suo tempo. Subiva ancora molto l'influenza di John McLaughlin, ma se ne sarebbe liberato nel giro di pochissimo tempo. Mi dispiaceva però lasciare a casa Bruce. Alla fine, con una di quelle non decisioni alla Ponzio Pilato, decisi di portarli entrambi. Si sarebbero alternati alla chitarra ed al basso elettrico.
Si parte da Milano, al Jazz Power. Era un bellissimo club, molto grande, al primo piano di un palazzo in Piazza del Duomo. La musica era molto più elettrica dell'anno precedente, anche se l'idea più o meno era la stessa. Avevo pascato nel repertorio di Uña Ramos un brano della tradizione boliviana, Katcharpari, e gli avevo dato un sound molto contemporaneo. C'era sicuramente parecchio del Miles elettrico in quello che facevamo, ma riascoltandolo ora mi accorgo che la musica era abbastanza originale. Il Jazz Power pieno come un uovo era decisamente uno spettacolo. La prima sera venne il critico Giacomo Pellicciotti che s'innamorò della band e, grazie ai suoi contatti con l'etichetta tedesca Mps (emanazione della BASF), mi propose di registrare un LP per loro. Qualche giorno dopo eravamo in studio e in una sola giornata avevamo inciso tutto. Come un live. Per la copertina Giacomo aveva cooptato un giovane grafico argentino, Ariel Soulé. [...]

La cover, un mix tra lo psichedelico e l'etnico, si rilevò un capolavoro e insieme al titolo, Katcharpari, avrebbe contribuito notevolmente al successo del disco, tanto che in Germania risulterà a un certo punto il disco del mese e in Inghilterra otterrà una recensione favolosa di Steve Lake sul "Melody Maker" »

Enrico Rava “Incontri con Musicisti Straordinari”, Feltrinelli 2011


Forse non molti sanno che durante quel secondo tour italiano del 1973, oltreché registrare il famoso Katcharpari, il quartetto di Enrico Rava, con un paio di ospiti aggiunti, incise alcune tracce a nome di Bruce Johnson rimaste nei cassetti di Tito Fontana, patron della milanese DIRE, per più di sette anni. Il disco fu dato alle stampe solo nel 1980, con il titolo di Sea Serpent, traccia che, curiosamente, apre il Lato B dell'omonimo LP, forse per via della poca omogeneità delle registrazioni o per via di una pratica, purtroppo comune, che prevedeva di registrare il più possibile quando capitava e di aspettare poi il momento giusto per immettere sul mercato le incisioni. Nello specifico, diversi nastri della DIRE sono confluiti poi in altre etichette, come nel caso della SPLASC(H).

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Credits:

Label: DIRE [Silverline]
Catalog#: FO 353
Format: LP
Country: Italy
Recorded: Milan, Febbruary 1973
Released: 1980


Bruce Johnson 
(guitar, 12-string g., vibraphone, bass g., piano, el. p., drums, voc., arr.),
Enrico Rava (trumpet),
John Abercrombie (guitar, bass g.),
Chip White (drums),
Hugo Heredia (tenor sax, flute),
Bonnie Brown (vocals & recitation on #A2



Tracklist :


A1. The Storm (Prelude/Storm/Calm/Peace) 5'10"
A2. Astral Child - 1'39"
A3. Look What You've Done To Me - 1'13"
A4. Montivia - 8'45"
A5. Flamencito - 2'03"



B1. Sea Serpent - 8'00"
B2. Blind Man From The Delta - 1'53"
B3. Flashes - 5'25" 
B4. Blues for Wes - 4'20"







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