martedì 1 febbraio 2022

HAVE YOU NEVER MET MR. UMBERTO CESÀRI ? Reminiscenze, 1975


new upload della Musica di Cesàri e di un mio testo del luglio 2008

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Qualche giorno fa ho ricevuto un pacco con alcuni dischi acquistati in rete. Mi capita spesso, avrete capito che la mia passione si nutre dell’accumulo fisico di nuove registrazioni, ma non sempre mi capita di sorprendermi così.

Mi spiego:
Due settimane prima avevo incontrato un signore che vendeva una serie di LP, quasi tutti di Jazz tradizionale, roba tipo Lino Patruno & la Milan College Jazz Society, con diversi ospiti stranieri come Bud Freeman, Eddie Miller, Jimmy Mc Partland. Insomma sano swing, gustoso revival, jazz liscio

Tra i vari vinile della stessa etichetta, il venditore ne aveva messo in vendita uno di Umberto Cesàri, intitolato semplicemente “Reminiscenze 1975” nessun’altra informazione in merito.


È ovvio che per uno che ha raccolto almeno tremila vinile nella sua vita, di cui una buona parte di jazz italiano, il nome di Umberto Cesàri non suona del tutto nuovo, ma è legato comunque a poche facciate di 78giri, a rare partecipazioni, a registrazioni mitologiche, oramai.
Ma un disco a suo nome, quando mai, non lo avevo mai sentito.

Contatto il tipo dell’inserzione, che mi conferma il titolo e mi dice che non ha altre informazioni, perché il disco è sigillato. Mi scrive però i nomi delle canzoni registrate, grandi standard come “Laura”, “How Hig the Moon”, “Body and Soul”, “I’ll Remember April” e via dicendo.

Effettuo subito il pagamento, modesto in realtà, ed attendo immaginandomi il suono di questo disco leggendario. Intanto leggo quel poco che trovo sulla musica di Cesàri, cosi facendo mi avvicino con grande rispetto anche alla figura umana di Umberto.


La prima cosa che trovo è il ritratto, misterioso e mitologico, che ne fa Enrico Cogno su uno dei libri più interessanti scritti nel nostro paese su questa amata musica, Jazz Inchiesta: Italia [1] 

«Umberto Cesàri è entrato nella leggenda. Pianista geniale, pilota di jets, medium, corridore automobilista, adoratore di Art Tatum, ora vive (uomo triste o felice?) dietro i vetri di una finestra, a guardare il mondo del quale non vuole fare più parte.
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Nel 1950, trentenne, sbalordì l'Italia con la sua tecnica incredibile e venne considerato il miglior pianista italiano. Suonò a lungo alla radio, incise con Pes (el. g) e Loffredo (bass) in trio, e con il quartetto di Aurelio Ciarallo (cl).


Adesso di Cesàri  si parla come si usa fare per le figure mitiche, con affetto, con rimpianto, ammirazione. In un'epoca votata alla divulgazione, al consumo, allo scambio informativo, un pianista che non divulga, non consuma, non scambia informazioni e vive in una stanza guardando il mondo da dietro i vetri ha, in effetti, qualcosa di irreale e magico. E', anche se vivo, già uomo-leggenda.
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Chiedere ad un giovane musicista se conosce il nome di Cesàri sarebbe tempo perso. Non saprebbe chi è. E' fuori del mondo.
Chiedere a Cesàri se conosce il mondo è tempo perso. E' fuori della finestra»


Ma chi è quest’uomo che ama il progresso e la velocità e, allo stesso tempo, resta immobile nel suo isolamento? Che musica nasce da quelle mani geniali, che percorrono rapide quel metro e venti di tastiera per chilometri e chilometri, stando ferme in una stanza?

Nell’incisione con il Trio di Roma, l’ultima traccia di questa selezione, di bassa qualità ma di inaudita novità per l’epoca, è il trattamento che Cesàri riserva al noto tema di Porter che lascia sbalorditi ancora oggi.
Pensate la reazione all’ascolto originale, negli anni ’50. Infatti, quando Arrigo Polillo ascoltò il trio al Cinema Splendore di Roma fu molto colpito da questa versione "originalissima" e "quanto mai progressiva" di Begin The Beguine, al punto da far incidere immediatamente il Trio, inserendolo nella preziosa raccolta di quattro 78 giri, uno dei primi "monumenti" al jazz italiano, uscita per la Parlophone con il nome di Jazz Classics, con copertina di Max Huber, uno dei più talentuosi graphic designer attivo in Italia.


Ascoltando le altre registrazioni di Cesàri, ad esempio la prima e la seconda traccia di questa selezione, registrata con il Marcello Riccio (cl) 5et a Roma nel 1959, dove suona con uno swing inesorabile, che non si ripete mai uguale a se stesso e la terza, con la Romans New Orleans Jazz Band (1957/1960), sono la velocità e la spericolatezza che rendono unico il suono del suo pianoforte, supportati da una mostruosa tecnica, una smisurata fantasia, un tocco geniale e sopraffino, che avrebbe dovuto lanciarlo nell’olimpo dei miti come il suo amato Art Tatum. 

Nel 1960 Ettore Zeppegno propone a Cesàri di registrare per la prestigiosa RCA un intero album di canzoni leggere italiane in chiave jazz, trent'anni prima che scoppiasse la moda, da cui è provengono la quarta e la quinta traccia. Il pianista accetta volentieri, non avendo mai avuto tanto spazio a disposizione, ma il suo perfezionismo sarà sempre insoddisfatto e Cesàri,  improvvisamente cambia direzione, nel senso che non autorizzerà mai la pubblicazione di quelle tracce.
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Questi straordinari elementi musicali, unitamente al rifiuto totale della formazione accademica, rendono ancora più mitologico questo personaggio. 
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«…lo entusiasmava la rivincita del sapere popolare sul sapere scientifico. Per quattro anni, narrava, aveva frequentato il Conservatorio di S. Cecilia senza saper leggere la musica: suonava tutto a orecchio. Poi il maestro scoprì il bluff e lo cacciò via, ma gli disse: sei un fenomeno. Non aver avuto la benedizione della Cultura Ufficiale gli era fonte di irrisolte tensioni interiori. Da un lato si vantava di essere una smentita vivente ai dogmi accademici, proprio come il guaritore che sconfigge il medico. Dall'altro, la mancanza di studi regolari lo rendeva insicuro. Per lui, alle sue opere mancava sempre una virgola per essere perfette, e per questo le nascondeva» [2]



Le cronache raccontano che Umberto Cesàri si rifiuta di suonare in pubblico, si nasconde in casa e, addirittura, scompare. 

Studi più approfonditi riconducono il suo comportamento “anomalo” ad un trauma bellico, cioè il suo arresto da parte dei nazisti che finì con una fucilazione simulata, che lasciò sicuramente il segno sull’esposizione del suo corpo musicale di fronte ad un pubblico di sconosciuti. Altri interpretano questo gesto, come una difesa della purezza della sua Arte contro la commercializzazione della stessa.



«Dagli anni '50 in poi, insieme alla naturale, insopprimibile spinta evolutiva di tutto lo scibile umano, si verificò quel fenomeno d'involuzione pratica che tutti gli artisti ed intellettuali più puri (o meno impuri) deprecano e dal quale ben pochi si salvano...Con l'arte pura, infatti, non si sarebbe facilmente conseguito il guadagno e il successo.
Ed è proprio da qui che ha origine la prima seria ribellione e la frustrazione del nostro personaggio. Il quale non avrebbe mai rinunciato alla sua purezza e nobiltà artistica per bramosia di facili guadagni e successi. Egli - pur apprezzando e classificando realisticamente ogni tendenza, scuola, stilema - ha sempre sostenuto e dimostrato che la vera musica è e deve essere la sintesi più perfetta delle più nobili espressioni e proposizioni, al pari di tutte le arti e della scienza. Ed ovviamente ha sempre badato con seria attenzione al jazz come fonte genuina d'ispirazione e di progresso, se non altro come stimolo al sempre maggiore arricchimento del tessuto melodico.» [3]


Il suo esilio volontario, però, non lo allontanò dall’arte, tutt’altro.
Cesàri continuò a suonare e registrare ininterrottamente, a dipingere, a scrivere saggi e poesie. I pochi che lo hanno frequentato nel periodo del ritiro, ci restituiscono un’immagine più sfaccettata e profonda del musicista geniale e solitario e, proprio per questo, ancora più affascinante.
  
«In realtà, definire Cesàri "musicista" è perfino riduttivo. Si interessava di mille cose. Nella sua stanza gli oggetti più disparati si accavallavano come le idee musicali nei suoi assoli. Dipingeva, in uno stile figurativo moderno e aspro. Scriveva, anche, e amava dialogare.
Era un parlatore straordinario. Suoi temi prediletti erano le moto, gli aerei, il paracadutismo di cui amava descrivere le ebbrezze. Narrava storie bizzarre, in cui vi era sempre un colpo di scena. Mostrava profonda conoscenza di ogni argomento, e così si conquistava la fiducia dell'interlocutore. Poi, pian piano, le sue storie diventavano sempre più strane, fino a sfumare impercettibilmente nell'irreale. Si usciva da casa sua percorsi da una sottile inquietudine. E veniva spontaneo ripercorrere mentalmente quelle storie, cercando di separarvi realtà e fantasia. Niente: la cucitura non si trovava. Era geniale in tutto. E in tutto esprimeva la sua fantasia grandiosa, monumentale e bizzarra, barocca e tortuosa, amante di tutto ciò che è massiccio, denso, affollato, convulso, traboccante, inaspettato e spettacolare. Se avesse scritto romanzi, avrebbe rivaleggiato con Borges e Garcìa Marquez. E chissà non ne abbia scritti. I suoi cassetti potrebbero celare sorprese.» [4]


Anche Enrico Cogno, tra i primi ad interessarsi a questa particolare figura del jazz italiano, con il quale ho aperto questo scritto, aggiunge nuove considerazioni e descrive altre sfumature del leggendario Umberto Cesàri, ricollocando così il mito, semplicemente, al ritratto di un uomo straordinario.

«La stanza nella quale Cesàri mi ospita è eccitante. Voglio dire che è una stanza nella quale si potrebbe girare un film, una stanza che "fa colore". E' completamente tappezzata di cartoni, scatole di "ondulato" appiattite al muro, collages di auto da corsa, foto di motociclette in curva a 250 all'ora. Soprattutto cartoni (quelli usati per l'imballo delle uova) applicati in funzione di pannelli fonoassorbenti. Ci sediamo accanto al pianoforte, un mezza-coda antico che riempie l'ambiente. Cerco di sovrapporre l’immagine di questo Umberto Cesàri che mi siede di fronte (un corpo tarchiato, un volto aperto e simpatico) con quella creata sulle descrizioni raccolte a suo tempo. La sovrapposizione non riesce.


Cesàri, visto così, non ha nulla di mitico, di leggendario. E' un uomo con le sue idee (giuste? accettabili? obiettive? Non lo so. Le sue idee) che sembra perfettamente inserito nel mondo. L'immagine di lui dietro i vetri è suggestiva ma letteraria, finta e anche un po' retorica. E mi dispiace di averla data, poichè non è quella vera, ma al tempo stesso mi piace averla riportata così come l'ho raccolta in giro, perchè è quella che ho raccolto in giro.
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Umberto Cesari parla molto, tanto, di tutto e di tutti. Del jazz, del suo jazz, ha una visione (lo dico con profondo affetto) che mi ricorda una frase del grande Vasarely: "un pizzico di megalomania è la spinta indispensabile in ogni fatto creativo".
Se non avessi sentito, poco più tardi, un suo duetto con Oscar Peterson (quest'ultimo con Ray Brown e Ed Thigpen nei brani della Canadian Suite a tutto volume sul giradischi, Cesari al centro della stanza a sbalordirmi, con le mani fredde senza atmosfera, nelle armonizzazioni più complesse e difficili che abbia ascoltato da un pianista europeo) avrei potuto dire che Cesari è soltanto un personaggio originale e basta. Ma quel modo di trattare il piano e la mostruosa tecnica usata ne fanno un personaggio tout-court, assolutamente unico nel mondo del jazz italiano.» [5]


Ed è in quella stanza che Umberto suona senza sosta, è su quel palcoscenico nascosto che alimenta la sua passione, è li che sfida la sua stessa tecnica più e più volte, registrandosi sempre per poi ascoltarsi ancora, appassionato pubblico di se stesso.
Ed è da quei nastri che è nato “Reminiscenze 1975” il disco che mi è capitato tra le mani, registrazioni in piano solo precedenti al 1975, pubblicate per volontà di Cesàri stesso nel 1982. [6]

Per reminiscènza la lingua italiana intende il ricordarsi in modo vago e impreciso di una cosa quasi dimenticata. 


Ed avrebbe senso, riguardo una musica che, così si crede, rappresenti una passione giovanile, un ricordo di vent’anni fa, l’immagine sbiadita di un’emozione passata.
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Ma Cesàri è un genio, non ha mai smesso di suonare ed ama la discussione filosofica quanto i colpi di scena improvvisi e bizzarri. E allora la reminiscènza si distingue dalla memoria, così è anche nella terminologia platonica, indicando un momento della conoscenza delle idee che, presenti nella memoria, vengono come risvegliate e ritrovate, attraverso un processo di purificazione, dalla sensibilità.
Il titolo descrive meglio di mille parole il perché l’autore abbia accettato la pubblicazione tardiva di quelle sue musiche. Lui che si era rifiutato a contratti milionari, che aveva detto no agli uomini della RAI, lui che non si sentiva mai “adeguato” ad una registrazione pubblica, ora licenzia un disco privato, offre ad un pubblico che oggi non lo conosce un ritratto intimo della sua amata musica, coerente come lui, purificata dalle tentazioni del music business e, infinitamente geniale.
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Questo tesoro di musica mi è arrivato l’altro giorno, dentro un anonimo pacco piatto di cartone ondulato.
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Questa grande lezione di vita mi ha consegnato il postino inconsapevole. Una reminiscènza splendente, nascosta tra i solchi conosciuti e oscuri di un vinile di più di venticinque anni fa.
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Chissà cosa penserebbe Umberto di questa storia bizzarra, io mi alzo in piedi e batto le mani.
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[Nota al Testo _ Aprile 2013]
Da quel giorno del 2008, nuove acquisizioni mi hanno permesso una lettura più approfondita della vita e della musica di Umberto Cesàri, prima fra tutte l’indispensabile volume “Il Pianista Invisibile” di Stefano Zenni e Marcello Piras, edito per la SIdMA nel 2003, arricchito di due preziosi CD contenenti registrazioni edite ed inedite e, come molte delle cose più interessanti, di difficile reperibilità sul mercato.

Sicuramente lo spunto per un prossimo post più approfondito sul pianista chietino.



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Credits:

Reminiscenze 1975

Label: Carosello
Catalog# CLE 21050
Format: LP
Country: Italy

Umberto Cesàri - pianoforte



Tracklist:


1)     How High The Moon – 4:35
2)      Laura – 10:16
3)      Body and Soul – 5:09
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1)     Cocktail For Two – 9:40
2)      China Town, My China Town – 2:00
3)      I’ve Got The World On A String – 5:05
4)      I’ll Remember April – 2:21


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[1] Enrico Cogno, “Jazz Inchiesta Italia – Cappelli Editore, Bologna 1971
[2] Marcello Piras, Musica Jazz - Dicembre 1992
[3] Giulio Tripputi, Musica Jazz - Maggio 1968
[4] Marcello Piras, Musica Jazz - Dicembre 1992
[5] Enrico Cogno, Musica Jazz - Agosto/Settembre 1972
[6] Umberto Cesari “Reminiscenze 1975” – Carosello Jazz from Italy, CLE 21050

16 commenti:

  1. I tuoi accostamenti musica-immagini sono sempre impagabili. Cesàri con i cretti e i sacchi di Burri, chi ci avrebbe pensato? Eppure insieme stanno bene – fra l'altro credo che fossero caratterialmente affini.

    Buon anno!

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  2. Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere e frequentare per diverso tempo le persone di cui parli nell'articolo. Umberto Cesàri è stato un genio. Credo che il figlio, batterista, stia cercando di mettere ordine nella miriade di registrazioni casalinghe, non ho dubbi che sia un autentico tesoro armonico ed emozionale.

    carlo rondinelli

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  3. è possibile condividere questa chicca? immagino che sia out of print

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  4. ancora una volta grazie. ricordo la presentazione del libro di Stefano Zenni a Roma. qualche anno fa'. non conoscevo Umberto Cesari. Stefano Zenni ha presentato alcune incisioni. sono rimasto letteralmente incantato...

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  5. Présentation toujours très intéressante, pianiste merveilleux, merci.
    Presentazione sempre molto interessante, pianista meraviglioso, grazie.

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  6. grazie grazie grazie grazie grazie!!!!! luigi

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  7. potresti mettere un nuovo link? Ho scoperto anche io Cesari con il libro e trovo meravigliose le sue incisioni! Un'altra preghiera, potresti mettere in rete la sigla di Nero Wolfe suonata da nunzio Rotondo, ero un ragazzino, ma quella musica mi stregava.
    Grazie
    Alessandro

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    1. Ciao anonimo, cosa intendi per link? Che brani conosci?
      Ciao!
      Leo

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  8. Ciao, avevo già sentito Begin the beguine in un cd antologico del jazz italiano, poco ma sufficiente a farmi cercare il libro che era assolutamente introvabile, e che ho ottenuto solo grazie alla gentilezza della Cassa di risparmio di Chieti. Mi sono piaciuti soprattutto ibrani del secondo cd allegati al libro. Per ciò che riguarda il nuovo link, se si clicca su side A o side B di Reminiscenze appare file non più esistente, quindi andrebbe ripostato un nuovo link magati con megaupload o telefifichier.
    Ciao. Alessandro ps un altro grande dimenticato è Larry Nocella che suonava splendidamente in disco di pillot - farmer proprio nella stessa collana di Reminiscenze.

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  9. Ma era anche pilota di jet? Come gli era possibile? Mi piacerebbe sapere


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  10. Non conoscevo questo disco, grazie davvero

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