martedì 19 gennaio 2016

MIDJ meeting: “Il jazz nel panorama giornalistico, editoriale e dell’informazione (dalla Tv ad Internet)”


Preso dall'impeto dell'associazionismo, ieri sono andato alla Casa del Jazz per l'incontro del MIDJ (Musicisti Italiani di Jazz) su “Il jazz nel panorama giornalistico, editoriale e dell’informazione (dalla Tv ad Internet)”, con qualche perplessità e molte aspettative.

Le perplessità nascevano dal fatto che, da semplice appassionato, avevo letto da sempre della "lotta intestina" (e del difficile equilibrio tra criticare e valorizzare) in essere tra i media ed i musicisti jazz. Ci avevano già provato il 22 settembre 1969 Giorgio Azzolini, Gianni Basso, Franco D'Andrea, Francesco Forti, Giorgio Gaslini, Carlo Loffredo, Dino Piana, Marcello Rosa, Umberto Santucci e Oscar Valdambrini, soci fondatori della U.I.M.J. (Unione Italiana Musicisti di Jazz); poi di nuovo, nell'Aprile 1989, tentarono la strada del'associazionismo Eugenio Colombo, Furio Di Castri, Paolo Fresu, Maurizio Giammarco, Enzo Nini, Roberto Ottaviano, Cinzia Spata, Pietro Tonolo e Tino Tracanna, quando promossero l'A.M.J. (Associazione Musicisti di Jazz). Su entrambi i naufragi pesava forte l'ombra della poca considerazione della RAI, incarnata nel bene o nel male nella figura di Adriano Mazzoletti.


L'aspettativa invece, oltre che per la nuova creatura MIDJ finalmente guidata dall'intelligenza e dalla sensibilità di una donna (Ada Montellanico), era generata dalla lista dei relatori dell'attuale incontro, che apriva proprio con Adriano Mazzoletti, oltreché Alceste Ayroldi, Fabio Ciminiera, Luca Conti, Gerlando Gatto, Vincenzo Martorella, Marco Molendini, Pino Saulo e Luciano Vanni. Su tutti, il coordinamento fiduciario di Luigi Onori.


Quasi cinquant'anni e pochissimo ricambio tra le fila non annunciano grosse novità (a meno che per novità non intendiamo internet, oramai più che maggiorenne nel panorama dell'informazione), pensavo, ma mai chiudere del tutto una porta, soprattutto se nella stanza c'è aria di chiuso. Per questo ieri sono andato, nonostante il freddo ed il traffico della Colombo alle ore 18:00.


Devo dire che molti sono stati i punti d'interesse, ma meno gli spunti interessanti, e che per quasi due terzi del tempo ho visto affrontare problemi antichi con vecchie  idee. Per dovere di cronaca dirò che Ayroldi, Martorella e Luca Conti erano assenti giustificati.
Mazzoletti ha parlato molto della Radio che fu, delle sue esperienze come direttore di Blue Jazz, del Bureau du Jazz ed infine ha girato alla platea la domanda cruciale: "perché la RAI non trasmette il jazz sui canali principali?". La sua cosa più interessante è stata la conferma della lavorazione del terzo libro su "Il Jazz in Italia", che dovrebbe coprire l'arco dal 1960 ad oggi e che, una volta per tutte, ci farà capire cosa pensa Mazzoletti della musica più contemporanea, a partire dalla figura di Mario Schiano.
Il tema web è stato affrontato quasi interamente da Gerlando Gatto, persona e giornalista che merita tutto il mio rispetto ma non propriamente il profilo migliore per parlare delle nuove e futuribili possibilità della rete (classe '46).
Luciano Vanni è stato il rappresentante più innovativo e votato alla propositività, con il suo JAZZiT che è già orientato alla multimedialità dei contenuti e che nel prossimo numero si occuperà di Frank Sinatra (personaggio in copertina di Musica Jazz a dicembre). Peccato solo che la sua pregevole rivista abbia deciso già da tempo di restringere ad una limitata manciata di collaboratori (anche internazionali) la visione approfondita dei temi centrali, perdendo in multidirezionalità.
Poi è intervenuto Tatarella come editore di Musica Jazz, ma credo fosse Marco e non Fausto, e non ricordo molto altro.


Nessuno ha affrontato la questione estetica, centrale nell'arte della critica che quando diviene acritica, perde la sua ragione di essere;
Nessuno ha proposto di creare una rete di programmazione dei locali, per permettere una condivisione dei costi ed un'eco mediatica continuativa e di sponda (anziché una frammentazione random della già debole proposta);
Nessuno ha proposto una soluzione per accorciare i tempi oramai elefantiaci dell'editoria periodica, che rendono inutili la maggior parte delle anticipazioni dei concerti e, nonostante la presenza di Marco Molendini, nemmeno delle pagine culturali dei quotidiani si è riusciti a fare un ritratto ragionato, chiosando con l'affermazione che, per problemi tecnici, le recensioni dei concerti sui giornali non "tirano" più;
Nessuna proposta di coalizione tra i giornalisti iscritti all'albo per fare base e trasmettere, nonostante le scontate resistenze, le stesse istanze di contenuti ai caporedattori delle maggiori testate giornalistiche;
Nessuno ha affrontato il tema delle collaborazioni sottopagate (quando va bene) o più comunemente a gràtisse nell’editoria musicale;
Nessuno ha ragionato sulla necessità di una ricognizione più capillare della situazione, per permettere a realtà come il 28DiVino, il B-Folk, il Monk o il Jolly Roger (giusto per fare quattro nomi) di condividere le stesse possibilità promozionali riservate all'Auditorium, dal momento che la programmazione gode della stessa qualità della proposta e, anzi, di una più spiccata novità dell'offerta;
Nessuno si è fatto portavoce di un'eventuale mozione civile per richiedere a gran voce la circolazione dei tesori culturali nascosti negli scrigni della RAI o per supportare economicamente progetti più d'avanguardia;
Nessun tentativo trasversale per cercare di connettere la musica jazz agli altri eventi culturali, non solo in forma di kermesse spettacolo ma, soprattutto, per condividere spazi dedicati alle Arti (Musei, Gallerie, Teatri).
Si è appena accennato ad un eventuale sostegno concreto delle produzioni "minori", ma nessun accenno si è fatto per le nuove modalità produttive, che in seno ad un'associazione sembrano essere lo strumento ideale;
Ad un certo punto ho sentito che la RAI dovrebbe "sparare nel mucchio" per alfabetizzare la massa, e ricordo l'eco di nomi come Louis Armstrong, Miles e perfino Coltrane... ma forse mi ero distratto con l'i-phone.


Poi c'è stato un barlume che ha risvegliato la mia attenzione, quell'ultimo terzo che lascia presagire se non una via, almeno un'indicazione di viaggio... L'intervento di Pino Saulo ha riportato lucidità e speranza, raccontando quello che, ad orecchie curiose ed attente, è ancora fruibile in radio, a cominciare da Battiti; interessante anche la sua "provocazione" rispetto al sold-out del concerto romano di Kamasi Washington che, ovviamente, quasi nessuno ha raccolto;
Fiorenza Gherardi De Candei (dalla platea) ha provato a farci ragionare sull'efficacia dell'attuale messaggio promozionale/culturale, che si deve aggiornare per poter arrivare al grande pubblico, tentando di spostare l'attenzione dalla forma (internet) al contenuto (interesting);
Ada ha condiviso il sentimento di forza e di appeal di certe proposte con esempi concreti (L'Aquila con 60.000 persone), ha apertamente responsabilizzato i necessari partner per l'assenza di una corretta informazione (Stampa e TV) ed ha annunciato alcuni prossimi temi tosti quanto interessanti (Lavoro e Previdenza);
Pasquale Innarella ha dato il suo contributo di persona modesta e di artista straordinario (l'unico che ha raccolto il tema Kamasi), cercando di stimolare unità d'intenti e spirito collaborativo;
Luigi Onori ha concluso dichiarando necessaria una nuova inchiesta, non sui contenuti artistici alla stregua del Top Jazz ma sugli aspetti etici, produttivi e sociali di questa musica, sullo stile di "Jazz Inchiesta Italia" di Cogno (che già si faceva queste domande quando il jazz italiano era ancora immaturo), per ripartire almeno da una chiara consapevolezza.


Insomma, ieri sono andato alla Casa del Jazz per l'incontro del MIDJ (Musicisti Italiani di Jazz) su “Il jazz nel panorama giornalistico, editoriale e dell’informazione (dalla Tv ad Internet)”, e sono tornato a casa con qualche perplessità e molte aspettative. Avrei avuto piacere nel vedere un palcoscenico più variegato, perché ieri non c’erano Francesco Martinelli, Enrico Bettinello, Franco Bergoglio, Stefano Zenni, Luca Canini, Federico Savini, Mario Gamba, Neri Pollastri, Marco Buttafuoco, Nicola Gaeta, Luca Collepiccolo, Daniela Floris, Sergio Pasquandrea, Roberto Dell’Ava, Sandro Cerini… e sono solo i primi nomi che mi vengono in mente e non ci raccontiamo la storia delle distanze, che anche un semplice collegamento a Skype avrebbe comunque fatto la sua parte! In ogni caso oggi aderirò a MIDJ perché, nonostante tutto,  ce ne fossero di occasioni per interrogarci...


[Art by Albrecht Dürer]

2 commenti:

  1. Molto interessante. Personalmente ho ricevuto l'invito da Ada alla quale ho subito risposto facendo presente le distanze (700km) incolmabili. Non si è parlato di Skype ma potrebbe essere una idea per il futuro. Non ho potuto fare altro che dare il mio sostegno virtuale all'iniziativa. Sarei molto interessato a seguire diversi punti, in particolare riguardo al web con tutti annessi e connessi. Mi riferisco in particolare a blog e portali, molto meno stimolato da Facebook dove quasi sempre ogni discussione finisce in sanguinosa intifada tra opposte fazioni e di conseguenza me ne tengo molto alla larga. Però, e parlo per me, mi rendo conto di essere un outsider in tutti i sensi: conosco pochissimi operatori, ancor meno musicisti, abito in estrema periferia, posso ragionevolmente seguire un numero limitato di concerti ed ho una età non più verde. Non credo quindi di avere requisiti minimi per dare un seppur piccolo contributo.

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  2. Amico mio, a Gennaio sono andato a Milano al teatro Leonardo dove si celebrava il Top Jazz 2015. Ero stato nel 1989 al Ciak dove si era celebrato il Top Jazz 1989, da cui peraltro è stato tratto un bel disco. Il problema è che gli artisti erano praticamente gli stessi (Rava, D'Andrea ecc...), il pubblico (poco) lo stesso e la musica quasi la stessa. Insomma una riunione di ottuagenari. Per carità D'Andrea ha suonato benissimo, ma forse questi grandi vecchi del Jazz non hanno lasciato spazio a giovani generazioni. Suonano ancora bene, ma occupano uno spazio che sarebbe di altri. Peccato!

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