lunedì 16 dicembre 2013

Lilian Terry with Enrico Intra 5tet _ In Swing! 1960


La questione di essere un musicista jazz a mezzo servizio, è stato uno dei crucci, o dei più sicuri nascondigli, degli artisti italiani quasi fino alle soglie del secondo millennio.

«Tu sai che io sono un musicista di jazz a mezzo servizio con la musica leggera, come tanti altri, del resto, e come ce ne sono perfino in America. Cerco in qualche modo di vivere positivamente anche questa esperienza, di arricchire in qualche modo me stesso, per esempio quando ho a disposizione una grande orchestra. Bisognerebbe eliminare il mezzo servizio, ma come si fa? Ci vorranno ancora molti anni, forse non basterà una generazione. Oggi per vivere soltanto di jazz, specialmente in Italia, uno dovrebbe rassegnarsi ad una povertà francescana o vivere da solo a fare l’asceta. Certo, si può fare. Ma è una scelta dura, e succede che quando si è giovani certe cose non si capiscano. Può prevalere l’impulso naturale di non rimanere soli, di farsi una famiglia, e allora il mezzo servizio diventa inevitabile. Non puoi sacrificare gli altri».


Questo dice il pianista Enrico Intra a Franco Fayenz, in un’intervista apparsa su Musica Jazz nell’agosto 1973, ed è significativo leggere come, anche nel decennio maturo del jazz italiano, fosse difficile vivere delle proprie idee musicali a tempo pieno e quanti compromessi era invece necessario trovare per mantenere un equilibrio tra vita privata e professionale.


Negli anni a cavallo tra i Cinquanta ed i Sessanta il mezzo servizio era un atteggiamento all’ordine del giorno, non tanto nelle occasioni delle jam, dei festival ad hoc o dei discorsi tra gli appassionati che ci riportano le storie del jazz, ma proprio nell’aspetto professionale, e cioè nei prodotti dell’industria musicale che avrebbero dovuto generare reddito agli stessi musicisti, primi fra tutti i dischi, ma anche le apparizioni televisive e/o radiofoniche sotto compenso.


Se ci pensate, o se avete la possibilità di scorrere alcune discografie di quegli anni, rarissimi sono i Long Playing jazz dell’epoca, molti di più i singoli a 45 giri e gli Extended Play, probabilmente perché ritenuti più facili da vendere dalle industrie discografiche. Eppure, anche questi più economici supporti, raramente sono completamente dedicati al jazz, che spesso si trova relegato nei lati B dei dischi destinati al grande pubblico, cioè quelli con più ampia diffusione, come quelli dei cantanti, che lasciavano la facciata principale ai temi alla moda e cantabili da tutti.


Scorrendo la mappa che Arrigo Zoli pubblicò a compendio di ogni sezione del suo utilissimo “Storia del Jazz Moderno italiano – I Musicisti” negli anni Ottanta, dei cantanti in jazz possiamo contarne poco più di una decina dai primi anni Cinquanta fino agli inizi dei Settanta, nell’ordine:
Lilian Terry, Nicola Arigliano, Lydia MacDonald, Jula De Palma, Jimmy Fontana, Mara Moris, Monna Lisa (aka Vanda Radicchi), Caterina Villalba, Cocki Mazzetti, Gianfranca Montedoro e Renata Mauro.


A parte i primi quattro, che hanno mostrato un’attiva presenza e mantenuto un’attività costante nel tempo, gli altri hanno intrattenuto rapporti sporadici col jazz, o l’hanno abbandonato subito, ed allora mi viene da pensare chissà perché Arrigo abbia lasciato fuori nomi come Carol Danell, Helen Merrill, Caterina Valente, Cosetta Greco, Anna Moffo e Fatima Robin’s, oppure Johnny Dorelli che, sembrerà strano, ma al jazz ha dedicato diversi Lato B sul finire degli anni Cinquanta.


Successivamente, quasi sempre per brevi incursioni, si possono citare altri connubi a metà tra  i cantanti italiani ed il jazz, con top stranezza nel “Villa Tutto Dixieland” licenziato dalla Cetra 


ed altri incontri più felici come il “Back to Jazz” di Bruno Lauzi per la DIRE o il toccante “in Concerto” di Mia Martini, da un’idea di Maurizio Giammarco.


Ecco, anche Lilian Terry ha dovuto accettare più volte il mezzo servizio, come racconta sulle pagine del suo sito, e per far produrre dalla CGD la sua vera passione, ha dovuto incidere diversi singoli pop in cambio ma, quando canta in swing, cadono tutti i dubbi e si comprende il motivo per cui abbia acconsentito a quel sottile ricatto.

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Credits:

In Swing!

Label: CGD
Catalog#: E 6096
Format: EP
Country: Italy
Recorded 1960

Lilian Terry (voice),
Oscar Valdambrini (trumpet),
Gianni Basso (tenor sax),
Enrico Intra (piano, arr.),
Giorgio Azzolini (bass),
Gianni Cazzola (drums)
Quartetto Radar (vc)





Too Close for Comfort - 2:30
The Song Is You - 2:50
My Heart Belongs to Daddy - 2:35
Don’t Worry About Me - 3:10



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