lunedì 7 ottobre 2013

GIANLUCA PETRELLA _ PARLAMI DI ME - Il Bidone, Omaggio a Nino Rota _ Spacebone 1005


Se dovessi scegliere un solo motivo per cui mi piacerebbe conoscere Gianluca, sarebbe perché è un uomo che si mette sempre in gioco con coraggio, sfidando se stesso e, di conseguenza, il fortunato viandante che lo incontra sul suo cammino.

by Riccardo Marquis

Se potessi lasciare ai posteri un solo argomento utile per descrivere la contemporanea creatività di questo musicista, nato a Bari venticinque anni prima del duemila, sceglierei “space invasion”, cioè la minimal ost che Petrella ha dedicato a Space Invaders, il mitico videogioco arcade del 1978 che trova posto interattivo nel sito del trombonista, più come originale manifesto culturale che come comune passatempo.
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Se dovessi dire anche una sola ragione per la quale è fondamentale parlare del suo lavoro, è perché la sua musica lo ritrae in maniera significativa, cruda, violenta e senza ipocrisie, che è per me la cosa più importante. Petrella possiede infatti tutti i naturali riflessi di una vera stella, senza però quella scia di polvere snobistica, comune ai luminosi meteoroidi ed a tante false stars, che li fa apparire e scomparire in un secondo.
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by @Bino

Se volessi fare una marchetta in stile giornalistico, sicuramente sceglierei uno dei suoi dischi Blue Note, così la EMI sarebbe contenta, anche se l’accoppiata Petrella/Bearzatti confonde i confini concettuali concessi alla critica tout-court, oppure una delle tante collaborazioni ECM al fianco del senatore più avventuroso della tromba, anche se Easy Living è un disco da paura… 
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by Guy Van de Poel

Se, infine, dovessi trovare le parole più adatte per sintetizzare le caratteristiche dell’universo sonoro di Petrella, espresso attraverso quei quasi due metri di tubo d’ottone, non potrei che usare le stesse sue: il suono, l’intelligenza musicale, la capacità espressiva.
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by Gabriele
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Ma, dal momento che non sono un critico accreditato e nemmeno un onorato biografo, proverò semplicemente a raccontarvi la storia di uno gruppi più interessanti, e dei dischi più belli che ho ascoltato in questi ultimi tempi.
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by Albertosco

«Il bidone non presenta soltanto il Rota felliniano, portatore di un’italianità fatta di melodie specifiche e colore, ma anche il compositore contemporaneo all’avanguardia, che segnò la musica del secolo scorso più di quanto possiamo immaginare» Così Gianluca Petrella introduce l’ultima uscita della sua etichetta, la Spacebone, ai tipi di Musica Jazz
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L’omaggio a Nino Rota si apre con quello che qualcuno ha definito l’ennesima riproposizione del tema de “il Padrino”, il bellissimo film di Francis Ford Coppola del 1972, ma probabilmente il suo giudizio è partito già dal titolo e non ha goduto dell’ascolto del pezzo. Infatti, là dove Rota aveva utilizzato il valzer nella sua accezione più classica, ricca di ariosa nobiltà e di cristallini riflessi orchestrali, Petrella capovolge il tema e lo porta direttamente nella strada, più vicino alle bande popolari che accompagnano le marce funebri, tanto care anche al compositore milanese, che alle spaziose sale dei conservatori, come quello di Bari che Rota ha diretto per trent’anni, lo stesso in cui Petrella si è diplomato col massimo dei voti nel 1994.


Già questo incipit dovrebbe chiarire le intenzioni alla base de il Bidone e l’attenta progettualità a sostegno dell’operazione: connettere il passato ed il presente della musica italiana a cavallo di due secoli, assottigliare le distanze tra musiche colte e popolari e sovvertire il già noto sulla vita di Nino Rota, e di conseguenza sulla sua opera.
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Ma per qualcuno resta una scorciatoia facile, che sarebbe come a dire che quando Trane incise quel “valzerino” di Richard Rodgers estratto da The Sound of Music, non sapeva cos’altro fare… 
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La seconda traccia del disco in questione è “Il teatrino delle suore”, estratto da Giulietta degli spiriti di Federico Fellini, del 1965. Qui, più che nella manipolazione della materia musicale, è proprio nella scelta della scaletta che si nota un’intenzione, anzi una vera e propria regia che avvicina il Bidone ad un concept album, più che ad un qualsiasi omaggio. Intanto, Giulietta degli spiriti è il secondo film a colori del regista riminense ed il frame vede Giulietta (Boldrini, alter ego della Masina parzialmente omonima) nel tetro e polveroso teatrino delle monache, in un momento in cui ricordo e realtà si sovrappongono. Giulietta bambina era stata scelta per celebrare la morte di una Santa martire, ed il progetto de il Bidone di Petrella nasce in occasione del centenario della nascita di Nino Rota (2011).
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Poi, grazie a “lo Sceicco Bianco”, tratto da quello che è considerato il primo film di Fellini (1952), fuso insieme alla “Rosa Aurata”, sempre presa da Giulietta degli spiriti (1965), Petrella conferma la naturale simbiosi del sodalizio tra Rota e Fellini, in cui la creatività dell’uno affluiva e, allo stesso tempo, si nutriva della fantasia dell’altro. La metafora è musicalmente rappresentata nel trait d’union tra i due brani, esposto dal trombone del leader in perfetta sintonia con la voce/strumento di John De Leo. Se nei primi due minuti dedicati al capolavoro con Alberto Sordi è l’ironia circense, sempre in maschera, ad avere il sopravvento con deformanti stratificazioni sonore, ritmi incalzanti e voci turbinanti, è nei successivi tempi che Petrella lascia spazio all’amore di Rota per un certo jazz e per le soffuse atmosfere dei night, conducendo il tema in un palcoscenico ovviamente post, ma illuminato dalle stesse luci di una volta.
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A metà del disco, sottoforma di traccia n°4, arriva "Parlami di Me", quasi quattro minuti che sintetizzano la potenza trasversale del capolavoro di Fellini, La Dolce Vita (1960) e l’ambivalenza creativa della musica di Rota. Se nella scena del film abbiamo la visione agrodolce del clown Polydor che, in un ambiente travestito a festa, esegue un assolo di tromba tra i più malinconici che si potessero mai ideare (anche i palloncini colorati sembrano tristi), nel disco Petrella fa di più, facendo un passo indietro e lasciando l’assolo nelle mani di suo padre Muzio ma, al posto del trombone, gli mette tra le mani l’armonica, strumento che negli anni Sessanta aveva tra i suoi alfieri Franco De Gemini e che ha dato voce ad alcune tra le più belle pagine sonore del cinema italiano, come “C’era una volta il west” o “Per un pugno di dollari” di Ennio Morricone per Sergio Leone.
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Con il Bidone, che unisce "Ballerina night" e "L’ultimo bidone", dal film omonimo del ’55 sempre a firma di Fellini, per me si potrebbe anche concludere il lavoro di Petrella dedicato alla musica di Nino Rota. Sia per lo splendido intervento di Dino Piana, sintesi evocativa di cinquant’anni di jazz italiano, sia per l’imprevedibile energia dinamica della batteria di Cristiano Calcagnile che per la coraggiosa ironia che permette a De Leo di chiederci, in loop, delucidazioni sullo stato del jazz moderno.
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by giuvine eroA

Il disco invece prosegue, come a mostrare molteplici strade ancora da seguire, anche queste tenute insieme dalla genialità elettronica di Andrea Sartori, per raccontare oggi il sodalizio tra Rota e Fellini, prima con Roma (1972) che vede la storica tromba di Enrico Rava disperdersi nelle atmosfere elettroniche del suo giovane pupillo, poi con altri estratti da La Dolce Vita, in un pastiche sonoro che si sviluppa dalle schegge delle voci dei protagonisti, proseguendo con La "Poupée Automat" tratto dal Casanova (1976) che ci ricorda la versatilità di Giovanni Guidi e la calorosa potenzialità di Beppe Scardino ed infine chiudendosi con la toccante Lla Rì Lli Rà, tratta da Le Notti di Cabiria (1957), nella quale la voce di John De Leo delinea, senza bisogno di parole nuove, la bellezza di una vecchia melodia che torna a suggellare il tutto.
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Avrei voluto incontrare Gianluca per chiedergli di più su questo ritratto espressionistico di Rota, per sapere se anche i fumetti degli anni Ottanta/Novanta hanno lasciato un segno forte in lui, per ringraziarlo di tutta la musica che fin’ora mi ha donato. Avrei voluto chiedergli molte cose ma, nonostante la squisita cortesia di Giulia, non mi è stato possibile. Per cui mi son dovuto inventare tutto quello che avete appena letto. Davvero. 
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Voi siete liberi di crederci o meno, però ascoltate il Bidone, prima di giudicare.
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by anxanum68

«Non credo a differenze di ceti e di livelli nella musica:
Il termine musica leggera si riferisce solo alla leggerezza di chi l’ascolta, non di chi l’ha scritta»

Nino Rota

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