venerdì 29 marzo 2013

Francesco Bearzatti Tinissima 4et _ MONK'N'ROLL


Sono appena tornato da Berlino e, nella mia cassetta della posta, ho trovato l’ultimo divertimento di Bearzatti, in quartetto con gli affiatati Giovanni Falzone, Danilo Gallo e Zeno De Rossi, che tratteggiano uno dei più espressivi ritratti “a tutto tondo” di quel gigante di Thelonious Monk. La seconda cosa, dopo aver appoggiato la valigia, è stata accendere il mio impianto.


Berlino, come sempre, l’ho trovata sorprendente. Questa città, che ha visto distruggere ed edificare più volte la sua stessa storia, ha fatto della dualità la sua cifra stilistica, componendo, non senza strappi, tra l’ombra della prima unificazione barocca della Germania ed il tonfo dell’ultimo baluardo dell’ipocrisia umana, una miscela esplosiva e sfaccettata, che è impossibile classificare sotto un’unica definizione, tanto quanto poter racchiudere in una ragionata guida.
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MONK’N’ROLL, com’era immaginabile, si apre con un Misterioso da brivido, che annuncia chiaramente le intenzioni del quartetto ma che modifica sottilmente l’aspetto dell’omaggio, con un mood generale più degno di un’ispirata ost che di un’intro dedicata. Già dalla seconda traccia capisco il perché del titolo del CD, oscillante tra l’estasi, qui più fisica che mistica, della nostra icona jazz ed il movimento, eccitante e combinato, di uno dei più energici filoni del pop. Non devo aprire il libretto per pensare a Another One Bites the Dust dei Queen, che palpita chiaramente nella ritmica del bellissimo Bemsha Swing, congiungendo in poco più di 4” quasi trent’anni di popular music
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Mi fanno quasi tenerezza quegli stormi di turisti che girano con il naso all’insù per le vie della città, che si accontentano del residuato di una chiesa da fotografare, che si mettono in coda per esporsi sull’unica fontana che possa fungere da sfondo degno alle loro foto-ricordo, che si disperano nella ricerca di un’angolazione adeguata per un’istantanea che riesca a valorizzare il loro unico amore, dissipato nell’immensità di una piazza sovietica.
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Mi viene quasi da ridere pensando a quei poveri critici che dovranno arrovellarsi le cervella per scovare definizioni adatte per più stili musicali riunite in un unico territorio senza confini, che cercheranno solidi monumenti, al di qua e al di là del muro delle impressioni, per dare un basamento ad un’effige cotanto dissacrante, smarriti in una passeggiata sulla luna, intorno a mezzanotte, appesantiti dalla gravità del loro lavoro pieno d’etichette, ma con poco amore. 

In un vortice scorrono Trinkle Tinkle con Back in Black, Blue Monk con My Sharona, le blue notes con i più sensuali ed energici riff, Brilliant Corners con Under Pressure, Criss Cross con Walk On The Wild Side, aggrovigliati e stretti inseparabilmente insieme, ma forse alcuni si concentreranno esclusivamente su Crepuscule with Nellie, e sarà meglio di niente, ma sempre troppo poco per poter dire di conoscere davvero.
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Berlino, per conoscerla, bisognerebbe solo viverla davvero, e dal di dentro. Forse si scopre appena un po’ dietro gli ampi portoni, nei tanti surriscaldati cafè, nei colorati dettagli disseminati per la strada, probabilmente di più nei sotterranei dei negozi vintage che lungo la famigerata Friedrichstrasse, o in uno dei numerosi locali vegetariani che nel primo banchetto di Currywurst.  Berlino, secondo me, è molto più vera nello speziato Kreuzberg che nel profumato Mitte.
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Il Tinissima 4tet ha dentro più anime di quelle che tirano la Quadriga. Forse se ne percepisce l’alone nelle storie monografiche che raccontano, equamente divise tra la solida forma della memoria e la leggerezza dell’essere umano. Forse si conosce appena un po’ di questo speciale combo se si accetta l’equilibrio necessario tra l’urlo di dolorosa affermazione e la sprezzante risata liberatoria, probabilmente di più se si è disposti ad accettare che un sax può graffiare come una Fender Stratocaster, che la tromba può urlare a squarciagola dentro un microfono, che la ritmica può pompare emozioni, anziché accompagnare solisti, che i rumori, le voci, l’elettronica ed i sospiri hanno la stessa dignità delle minime, delle semiminime o delle crome e delle biscrome.

A Berlino, per esempio, il 21 Marzo faceva -6° eppure, sapendo guardare, la primavera era dappertutto.


Se Berlino è il ricordo, indelebile e cangiante, di un segno sul muro, che viene subito riscritto appena girate lo sguardo, le altre capitali europee sono solo una cartolina immobile da mettere in bella mostra sul frigo.
Se il jazz è una musica, più volte dichiarata morta, che rischia l’ascolto insensibile su una poltroncina di velluto rosso, con statici ingaggi sempre più milionari, il Tinissima Quartet è la distorsione nichilista del jazz.

E Bearzatti, beh… Bearz è una vera Punkstar!


p.s.
il disco è appena uscito, ed è così bello, che merita un minimo d’impegno da parte vostra, per questo io non lo metto in condivisione, cioè compratevelo.
Ma se davvero non potete permettervelo (però costa come due aperitivi, per cui non fate i furbi) ed avete bisogno comunque di rinnovarvi l’anima, su qualche sito, amico & prezioso, si trova già


3 commenti:

  1. Che bel resoconto, complimenti e grazie per la segnalazione.

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  2. Ritengo scorrettissimo mettere in condivisione un disco uscito appena da qualche ora. Ognuno fa quel che crede e ne accetta le conseguenze, ma come c'è chi crede di poter tranquillamente derubare un musicista del proprio lavoro (il disco è uscito ieri, forse da un paio di giorni, non certo da sei mesi), allo stesso modo il sottoscritto è legittimato a incazzarsi per un modo di fare assolutamente ripugnante.
    Mi prendo tutte le responsabilità delle mie affermazioni, questo sia chiaro.

    LC

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  3. E sia ovvio, Roberto, che non mi riferisco a te.

    LC

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