venerdì 11 febbraio 2022

A European Proposal _ Bennink, Megelberg, Rutherford, Schiano _ HORO 1978


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«… specifico e diverso è il caso di Mario Schiano, su cui vorremmo fermare il discorso, proprio perché si tratta del “caso” più discusso tra quelli della “free music” e perché esso bene risponde a questa linea interpretativa che assume la “testimonianza contingente” come motivazione dello sviluppo del “free” in Italia, nel senso di un’attività sovrastrutturale strettamente collegata e determinata dall’andamento della struttura sociale, politica, economica, sottostante»

Mario alzò gli occhi dalla rivista e controllò l’orologio della cucina, anche se erano passati solo pochi minuti dall’ultima volta che aveva guardato l’ora, poi riprese a leggere.
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«Roma, inverno 1965: i musicisti che cominciano a cimentarsi nelle cantine di Trastevere con le nuove forme di “free music” (musica libera nel senso che rifiuta i vecchi codici del jazz) provengono quasi tutti dalla provincia italiana, cioè da un serbatoio inutilizzato d’intelletti e fantasia. […] Mario Schiano appartiene a questa corrente migratoria, provenendo da Napoli, che, anche nel contesto del sottosviluppo meridionale resta un’area separata»

Guardò nuovamente la copertina del giugno 1975 di Musica Jazz, tenendo il segno con le dita, che se anche riportava la foto del veterano Red Norvo, aveva finalmente dedicato alla sua discussa figura un lungo articolo a firma di Alberto Rodriguez, il primo che cercasse di far luce sulla sua ricerca e, fin’ora, ancora l’unico.
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«È un musicista che ama e suona il jazz, ma è subito chiaro (ecco il primo tratto distintivo) che le furbizie, l’esuberanza sentimentale, il binomio “lacreme e core” e persino il melenso interclassismo di tanta musicaccia napoletana hanno giocato un ruolo nella sua storia e nella sua formazione »

Ora erano quasi le 22:00, vicino alla porta la custodia del suo sax e sulla sua sedia una piccola borsa di tela erano pronte, come lui, alla partenza, ma c’era ancora un po’ di tempo.
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«La scelta del jazz (di una musica ugualmente densa di significati e provenienze popolari) costituisce per Schiano proprio il risultato di questa reazione, e si trasforma in strumento di liberazione, ipotesi futuribile, mezzo per cambiare e cambiarsi»

Aspettava da un momento all’altro il trillo del citofono, con il quale un taxi lo avrebbe portato in stazione e da lì, viaggiando tutta la notte, avrebbe raggiunto Cremona per il concerto.
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«In questo mondo la presenza di Schiano costituisce una vera e propria contraddizione, nel senso che un giovinotto con un sax persino scassato, incapace di rovesciare un giusto quantitativo di note all’ora, come se fossimo alla FIAT, non andava bene, e più che ai musicisti, ad un certo establishment organizzativo romano, abituato a coccolare pochi pupilli e ad adorare qualunque cosa purchè proveniente dall’America»

Al Teatro Ponchielli ci sarebbero stati quei due ragazzacci olandesi ad attenderlo, che aveva incontrato per la prima volta a Lovere un anno prima, e poi solo un’altra volta in quel club vicino al Colosseo, più quel baffuto ragazzo inglese, che aveva la fama di prodigioso trombonista, ma che lui non aveva mai incrociato su un palco. Si sarebbero capiti? Aveva pensato per un istante.
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«Intanto ci sembra giusto riconoscere all’interno di quegli esperimenti almeno due diversi momenti di ricerca, che corrispondono a precisi sviluppi del discorso musicale: la prima fase (dal 1966 alla fine del 1970) si caratterizza per un totale rovesciamento dei “codici jazzistici” tradizionali; la seconda fase (dal 1971 al oggi) rivela invece un recupero di vecchi stilemi del jazz, inseriti, in termini di “contaminazione”, in un contesto che rimane aperto alla libera improvvisazione, all’interno della quale compaiono elementi tematici e melodici sempre più frequenti»
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Marcello, Don, Ray, Jerome, Sheila, Bruce… Sorrise con gli occhi alla vista di quella foto. Erano passati quasi tre anni dalla pubblicazione di quell’articolo, lui non si era mai fermato ma pochissimi in Italia sembravano accorgersene. Contava su una mano gli interventi che lo citavano in maniera approfondita: quello di Giampiero, quello di Enrico, il primo “internazionale” a firma di Alain Gerber e questo. 
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Non poteva ancora sapere che un giorno John Corbett lo avrebbe definito «sax legend» sul “Down Beat”, che Kewin Whitehead sarebbe volato apposta da Chicago a Trastevere per intervistarlo e pubblicare tutto su “Pulse!”, che Philippe Renaud gli avrebbe dedicato l’unica copertina della sua vita su “Improjazz”, che Francesco Martinelli avrebbe custodito i suoi archivi, studiato la sua vita e gli avrebbe dedicato la più completa discografia a suo nome, che Kazue Yokoi avrebbe fatto conoscere la sua biografia ai lettori giapponesi di “Jazz HIHYO”, che Raùl Mao & Pablo Mancòn avrebbero fatto lo stesso per il jazz fan spagnoli, pubblicando una lunga intervista su “Cuadernos de Jazz”, che avrebbero scritto diverse tesi di laurea su di lui, che l’Archivio di Stato avrebbe acquisito la sua discografia completa…
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«Resta solo da aggiungere a proposito della storia musicale di Schiano e delle sue qualità, che è soprattutto dal vivo che è possibile cogliere gli elementi di reale novità che questo musicista ha saputo introdurre nella fase di costruzione del linguaggio del free jazz in Italia: uno dei punti di maggior rilievo del suo lavoro è stato ed è, come abbiamo già detto, quello di produrre “melodia”, di suonare “tematicamente”»

Sapeva che a Cremona avrebbero registrato il concerto, ma non voleva nemmeno pensare a cosa si sarebbero detti loro quattro, per non sciupare la naturalezza dell’incontro, per non avvilire l’empatia del linguaggio. L’unica cosa certa era la lingua con la quale avrebbero comunicato.
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«Non vanno dimenticate infine la concezione e le scelte politiche che stanno al fondo di questo discorso musicale, e che sono anch’esse il risultato di una storia: dalla origine napoletana, dai rapporti con la melodia e la vena popolare della sua regione, dalle esperienze costruite giorno dopo giorno, nel corso del suo soggiorno romano, Schiano ha derivato una precisa concezione del ruolo del musicista nella società, dell’uso e del significato del prodotto musicale che non può limitarsi ad essere pura merce, oggetto di consumo, ma deve diventare strumento di scambio, “linguaggio” che rispecchi le esigenze di intere comunità, e che possa “parlare ed essere parlato”»
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Gli piacevano quelle righe, perché venivano dal passato ma, in qualche modo, guardavano avanti. Non sapeva assolutamente cosa avrebbe suonato la sera dopo, ma era certissimo che aveva sempre amato il jazz, come amava il varietà ed il night…
Il citofono interruppe finalmente i suoi pensieri.
Chiuse serenamente il cassetto dei suoi ricordi, spense la luce, imbracciò il suo strumento, aprì la porta ed iniziò a scendere le scale fischiettando una melodia bellissima e frammentata, che sembrava provenire dalla sua memoria, eppur si mostrava nuova come non mai.
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Credits:

A European Proposal

Label: HORO
Catalog #: HDP 35-36
Format: LP
Country: Italy

Recorded Live at Teatro Ponchielli,
Cremona, April 24, 1978


Paul Rutherford (trne, euphonium),
Mario Schiano (alto sax),
Misha Mengelberg (piano),
Han Bennink
(drums, perc., cymbals, bass cl, fiddle, whisdle, toys)


Tracklisting:

Tristezze di Sanluigi - 19:01


Tristezze di Sanluigi - 19:01


Tristezze di Sanluigi - 20:00


Tristezze di Sanluigi - 21:30


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Il testo «citato» è tratto da "Il Caso Schiano", 
di Alberto Rodriguez
Musica Jazz n°6 - Giugno 1975

12 commenti:

  1. Grazie, curiosità alle stelle.

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  2. grazie mille, jfi!! great to still see more mengelberg appearing - bless him and his music.

    l:)

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  3. Una pezzo costruito in maniera davvero bella e toccante, da napoletano verace credo che tu sia davvero riuscito a rendere al meglio, alternando racconto e citazione, la stratificata essenza di Schiano, Luna Caprese e Controindicazioni, Cicci Santucci e Mengelberg, tutto in uno, e sempre con bellezza e intensità.... non mi dilungo, che Schiano è una delle mie passioni si è capito

    Il disco lo ascolterò poi, è relativo.

    PS: il post su Geremia, (e anche questo, ovvio) mi ha dato uno spunto che vorrei proporti via e mail, se hai tempo e voglia. Trattasi di Instabile.

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  4. Thanks to you, mates, to follow me always.

    #Alfonso: il tempo sembra sempre poco, ma il desiderio può cambiare le sue in-stabili leggi..
    per cui, scrivimi quando vuoi:
    jazzfromitaly@gmail.com

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  5. Big thanks! This line-up is quite special; all four musicians have a refined sense for humor in music.
    So we can answer Zappa's question wether humor belongs to music with the music on this recording - it 'only' needs for masters of music and subtle (and sometimes not so subtle) humor.

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  6. lovely , thanks again for this marvel!

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  7. thanks. just discovered your site via inconstant sol.

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